Il World Economic Forumm di Davos è il luogo in cui si possono incontrare i capi di stato di mezzo mondo, i vertici della delle corporation globali, accademici delle più prestigiose università ed esperti di fama internazionalmente riconosciuta. Il luogo ideale quindi per sciogliere dubbi, sviscerare, approfondire temi di ogni sorta e comunque sempre di altissima rilevanza per le sorti del nostro piccolo pianeta e dei suoi malandati abitanti.
Lo stesso fondatore del Wef, Klaus Schwab, ne ha fatto un vanto personale nel suo messaggio di auguri per questa 43esima edizione. Ma chi ha frequentato per almeno più di tre volte il Forum (è la soglia minima per capire come gira) sa che la disponibilità in carne ed ossa non comporta per estensione l’essere a disposizione del microfono e delle domande di chiunque.
Caccia al politico
La caccia all’intervista tra il migliaio di personalità che per quattro giorni si aggirano per il Centro Congressi davosiano è lanciata, il risultato non è garantito! Così capita di imbattersi in affabili professori californiani, britannici o cinesi, in genere semisconosciuti ai più, ben contenti di porgerti il loro sapere.
Più difficile invece agganciare quelli che hanno una reputazione da difendere, come Lord Stern, l’ormai famoso estensore del primo rapporto sui rischi sempre più incombenti derivanti dal riscaldamento climatico.
Ancora più sfuggenti sono i leader politici, quelli noti ma anche quelli meno noti: ho ricevuto un secco ma garbato rifiuto dalla ministra svedese della sanità Karin Johansson, così come da altri.
Leader africani inavvicinabili
I politici più inavvicinabili sono quelli africani. A Davos quest’anno ce ne sono più di una decina, esclusi ovviamente quelli che non hanno potuto lasciare il loro paese perché impegnato in una guerra.
In una pizzeria mi è capitato di agganciare gli addetti stampa (due giovani e spaesati tutsi) del presidente del Rwanda Paul Kagame, ai quali ho prontamente chiesto un’intervista. Volentieri, mi hanno risposto, salvo che poi non si sono fatti più sentire per dirmi dove e quando.
Accontentiamoci degli imprenditori!
E pensare che quest’anno al Wef, ci sono più di quattrocento solo tra capi di stato e ministri, dubito però di poter parlare con qualcuno di loro, che però sono ovviamente disponibili per i volti noti dei grandi network televisivi. Forse i più disponibili sono in fondo gli imprenditori. D’altronde il Wef è dedicato a loro e ai loro affari.
Manjula Bhatia, inviatao a Davos per l'RG