Il taglio del tasso direttore da parte della Banca nazionale svizzera, portato dall’1% allo 0,5%, ha sorpreso buona parte degli analisti. Per Gianluigi Mandruzzato, economista presso la banca EFG, si tratta di una mossa volta a ridurre le incertezze e a “prevenire il rischio di dover portare in futuro i tassi in territorio negativo, nel caso in cui l’inflazione diventasse anch’essa negativa”. Il franco, in seguito all’annuncio della decisione, si è lievemente indebolito, come auspicato dalla BNS.
Riguardo alla possibilità di futuri tagli nel 2025, Mandruzzato risponde che l’odierna scelta della Banca nazionale potrebbe essere interpretata in termini preventivi: “La BNS potrebbe aver anticipato i tempi e quindi, a meno che l’inflazione non sorprenda nuovamente al ribasso o sopraggiungano nuovi shock negativi per l’economia, ci si potrebbe anche aspettare che i tassi restino invariati”.
Il problema del franco forte, però, persiste. Il presidente Martin Schlegel non esclude il ritorno dei tassi negativi, ma per Mandruzzato, almeno per il momento, non si tratta dello scenario più probabile. Egli definisce il commento probabilmente strategico: “La BNS non vuole legarsi le mani escludendo mosse che potrebbero in futuro rivelarsi necessarie”. Tuttavia, aggiunge l’economista: “Se il prezzo del petrolio continuasse a peggiorare o le politiche dell’amministrazione Trump risultassero particolarmente sfavorevoli per l’economia svizzera, non è escluso che tale misura possa nuovamente rendersi opportuna”.