Sono passati sei mesi dal terremoto che, il 25 aprile del 2015, ha duramente colpito il Nepal causando migliaia di morti e distruzione un po' ovunque. A pochi mesi da quel tragico evento, Moreno e Sandro hanno deciso di visitare il paese asiatico per cercare di contribuire con la loro esperienza e il loro volontariato alla ricostruzione, lenta.
Non una semplice catena montuosa...
"Prima della partenza eravamo preparati a quel che avremmo trovato: macerie e caos", ci racconta Moreno al suo rientro in Ticino che, ricordando il soggiorno di due settimane aggiunge: “Al mio arrivo a
Kathmandu, con sorpresa, mi sono reso conto che in pochi mesi molto era stato fatto... ma molto altro rimane da fare”.
Tra le strade e i vicoli di Kathmandu
“Il terremoto ha lasciato il segno prevalentemente nelle periferie e sui templi antichi, molti dei quali si sono letteralmente sbriciolati. La ricostruzione è ricominciata, ma prima che possa essere considerata conclusa ci vorrà ancora molto tempo, anche a causa della corruzione che regna nel paese”, aggiunge.
Mascherina contro lo smog consigliata...
"Non solo, altro problema è la poca trasparenza attorno alle donazioni. Sono diverse le ONG che mettono in guardia... Ad ogni angolo, soprattutto delle zone turistiche come quella di Durbar square o Bhaktapur, ci sono persone che chiedono un contributo per la ricostruzione, dai 5 ai 15 dollari”, racconta dal canto suo Sandro, che aggiunge: "Oltre a ciò quello che mi ha colpito è anche l'inquinamento che regna ovunque. Non è possibile passeggiare per le vie della città senza coprirsi il volto con una mascherina".
Code per tutto: benzina, trasporti e acquisti...
“Un'altra questione che sta mettendo a dura prova il paese è la chiusura delle frontiere da parte dell’India che, di fatto, ha paralizzato i commerci. Così è facile imbattersi in lunge code di gente che aspetta fino a 5 giorni davanti a una stazione di servizio prima di poter acquistare solo 15 litri di benzina”, aggiunge Moreno, che in merito ricorda: “Oltre al carburante anche l’acqua è diventata un bene prezioso, il cui prezzo è rincarato di ben cinque volte in poco tempo”.
La regione di
“La nostra intenzione prima di partire era quella di poter dare una mano soprattutto agli studenti. Con sorpresa abbiamo potuto constatare che in pochi mesi si sono organizzati, grazie soprattutto anche agli aiuti economici giunti dall’estero e alla loro imprenditorialità. L’istituto che ci ha ospitato, ad esempio, era organizzato come una sorta di scuola-monastero, con ragazzi tra i cinque e i venti anni provenienti dalla periferia. A loro viene insegnato non solo a leggere e scrivere nepalese, tibetano e inglese ma pure la convivenza nello spirito buddista”, continua Moreno.
A scuola la parola d'ordine è "autosufficienza"
“La loro parola d’ordine, possiamo dire così, è l’autosufficienza: pannelli solari per la produzione di energia elettrica e acqua calda, animali da cortile, orto… I prodotti in eccesso vengono venduti al mercato, ciò che permette loro anche di avere piccole entrate supplementari”, aggiunge Sandro. "Il paese si sta rialzando ma, come detto, molto rimane ancora da fare e ogni aiuto, anche a distanza, è il benvenuto…", concludono i nostri due interlocutori, che non escludono di ripetere presto questa avventura in Nepal.
Templi e dintorni
Alcune cifre:
Fino ad oggi la Catena della Solidarietà ha raccolto a favore delle vittime del terremoto in Nepal oltre 32 milioni di franchi, sette di quali sono già stati investiti nel paese attraverso aiuti d'urgenza gestiti da 10 ONG, impegnate prevalentemente nella distribuzione di tende, acqua potabile, medicinali. Oltre a ciò vi sono diversi cantieri ancora aperti che prevedono la ricostruzione di 35 scuole, 17 strutture sanitarie, un migliaio di abitazioni antisismiche, oltre al sostegno diretto alla produzione agricola. Si stima che grazie a questi contributi 36'000 famiglie abbiano ritrovato un tetto sotto il quale dormire.
di Moreno e Sandro/bin