Sei minorenni sono comparsi in aula questo lunedì mattina a Parigi all’inizio del primo processo per la morte di Samuel Paty, l’insegnante 47enne ucciso tre anni fa per avere mostrato delle caricature di Maometto durante un corso sulla laicità. L’autore fu un 18enne rifugiato russo di origine cecena, musulmano radicalizzato, che volle “vendicare il profeta”. Il dibattimento al tribunale minorile si tiene a porte chiuse e durerà fino all’8 dicembre. La stampa è esclusa e non può riferire le parole pronunciate all’interno, nemmeno per intermediario degli avvocati.
Un secondo processo, alla fine del 2024, vedrà invece alla sbarra otto adulti che nella vicenda hanno avuto ruoli diversi. Non può essere giudicato, invece, l’assassino: la polizia lo uccise subito. Era il 16 ottobre 2020.
Cinque degli adolescenti alla sbarra - all’epoca fra i 14 e i 15 anni di età e oggi liceali - sono accusati di complicità. Avrebbero sorvegliato e indicato Paty all’accoltellatore, in cambio di denaro. Arrivati in tribunale a volto coperto, accompagnati da genitori e legali, rischiano una condanna a due anni e mezzo. “Il loro ruolo è stato essenziale”, secondo il legale dei parenti della vittima, presenti in aula insieme ad alcuni ex colleghi del docente, che – come la direzione nazionale dell’educazione – vogliono dichiararsi parte civile nonostante il parere contrario della procura antiterrorismo. Sul banco degli imputati c’è pure la ragazza, ai tempi 13enne, che mentì raccontando che Paty aveva chiesto agli allievi musulmani di uscire, prima di mostrare le caricature. In realtà, la giovane quel giorno non era nemmeno in classe.
Fu suo padre, insieme a un militante islamico, ad alimentare poi la campagna sulle reti sociali che attirò l’attenzione su Paty, ucciso dieci giorni più tardi. I due uomini faranno parte degli imputati al secondo processo.