L'ufficio della Direzione dello sviluppo e della cooperazione svizzera che si occupa della popolazione palestinese resta per il momento almeno a Gerusalemme Est. Un suo trasferimento a Ramallah è stato chiesto da Israele e sottoposto all'attenzione del Consiglio federale dal responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis, ma nessuna decisione è stata ancora presa. Lo ha detto il presidente della Confederazione Guy Parmelin, che si trova in viaggio in Medio Oriente e ha incontrato giovedì il presidente israeliano Isaac Herzog, il primo ministro Naftali Bennett e in seguito il capo dell'Autorità nazionale palestinese, Mahmud Abbas.
Secondo lo Stato ebraico la Confederazione non avrebbe mai ottenuto il permesso formale israeliano per aprire quell'ufficio e in futuro non sarebbe più garantita la protezione dei locali e del personale. Quest'ultimo, inoltre, potrebbe non ricevere più un documento diplomatico con relativi diritti e doveri ai sensi della Convenzione di Vienna.
Con il presidente dell'ANP Mahmud Abbas
Parmelin ha risposto che la Svizzera "lavora da 20 anni a Gerusalemme Est senza alcun problema". Come ha affermato a RTS, quello che più importa a Berna non è solo la sicurezza dei suoi dipendenti, ma anche di "operare nel modo più efficace possibile in favore della popolazione palestinese".
RG 08.00 del 29.10.2021 La corrispondenza di Michele Giorgio
RSI Info 29.10.2021, 10:43
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La questione non è in ogni caso solo logistica, ma anche fortemente simbolica dal profilo politico: la Svizzera, per bocca di Parmelin, ha ribadito giovedì di sostenere la cosiddetta soluzione dei due Stati. Gerusalemme Est - abitata da una maggioranza araba e occupata militarmente da Israele nel 1967 - è rivendicata dall'ANP che la vorrebbe capitale dello Stato palestinese. Per la Svizzera è "un territorio occupato il cui statuto finale dovrà essere negoziato fra le parti". Tel Aviv non perde invece occasione per rivendicare la sua sovranità e non sta esercitando pressioni solo sulla Svizzera. A Joe Biden ha per esempio chiesto di non riaprire il consolato statunitense chiuso da Donald Trump. Nel settore sono presenti, oltre a quello elvetico, anche altri uffici internazionali attivi in progetti essenzialmente umanitari.