Per arginare le interferenze di voto, per lo più straniere, i colossi del web hanno deciso di bloccare ogni tipo di inserzioni pubblicitaria inerente il referendum sull’aborto in Irlanda, previsto per venerdì 25 maggio. Un appuntamento con la storia per l’isola del Trifoglio: tre anni dopo il "sì" ai matrimoni gay, vacilla un’altro tabù etico. Il dibattito è polarizzato, a tratti brutale, il paese si presenta alle urne divisa in due.
Neutralità
La decisione di vietare la propaganda referendaria non ha precedenti, e mira a ridurre il rischio di manipolazione, e nel contempo garantisce a Facebook, Google e YouTube una posizione di neutralità sull’esito della storica consultazione. Un portavoce di Google ha giustificato l’iniziativa con la volontà di "mantenere un atteggiamento di integrità nei processi elettorali". Così da evitare di trasformarsi - più o meno volontariamente - in "uno strumento di chi è contro o a favore" l’abrogazione dell’ottavo emendamento, che - nella sostanza - limita il diritto all’interruzione di gravidanza a casi rarissimi.
Accuse di censura
Dunque nessuna inserzione sul tema, nessuna attività pubblicitaria legata al referendum. Così da evitare il ripetersi di quanto già accaduto sia in occasione delle ultime presidenziali statunitensi sia col referendum Brexit. Ma la scelta di Facebook and Co. non ha trovato unanime consenso, suscitando le proteste dei sostenitori "pro-life", che ritengono la stretta sulla pubblicità come una "censura". "E’ un’ingiustizia perché limita la libertà d’espressione - ha protestato Nahan Berning, di Pro-Life Campaign -. Soprattutto su un tema così delicato come l’aborto, è giusto poter informare in ogni modo i cittadini”.
Lorenzo Amuso