Saranno elezioni nel nome della Brexit. Una sorta di secondo referendum, in via ufficiosa. Pro e contro l’uscita dall’Unione Europea. Da una parte i Tory di Boris Johnson, che ha già negoziato l’accordo di divorzio con Bruxelles. Dall’altra parte tutti i principali partiti, ad eccezione dei Labour, intenti in un ambiguo equilibrismo. Per ottenere la maggioranza nel prossimo Parlamento, i Conservatori devono superare un duplice ostacolo. Da una parte neutralizzare il Brexit Party, la nuova formazione di Nigel Farage, che vaneggia un taglio netto con l’Europa. Dall’altra assorbire la perdita di consenso da parte di quei conservatori che avevano votato “Remain” nel referendum 2016. Per riuscirci, Johnson deve sfondare - e sarebbe la prima volta - il muro rosso del nord. Ovvero imporsi in quei collegi, vicino al confine con la Scozia, tradizionale bacino di voti laburisti. Come Workington, dove in oltre un secolo, i Tory non hanno mai vinto. Ma che - nella sorpresa più generale - tre anni fa, a larga maggioranza, aveva votato per la Brexit.
Lorenzo Amuso
I particolari della "Variante Workington" nel TG delle 20.00 in onda su LA1