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Il Covid-19? "Non sarà la nostra ultima pandemia"

Incontro con David Quammen che aveva previsto l’epidemia globale di coronavirus e che ora pubblica un nuovo libro: “Breathless”

  • 4 ottobre 2022, 08:05
  • 20 novembre, 14:51
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Il nuovo libro di David Quammen

Telegiornale 03.10.2022, 22:00

Di: Massimiliano Herber 

Dieci anni fa David Quammen aveva pubblicato un libro dove c’era già scritto tutto sulla pandemia che abbiamo vissuto. Ora il giornalista scientifico ne ha scritto un altro per raccontare come è andata e cercare di evitare che, la prossima volta, la storia si ripeta.

Con il bestseller mondiale Spillover, Quammen aveva previsto il rischio di un’epidemia globale di coronavirus raccontando il passaggio delle infezioni dagli animali all’uomo. Ora la sua nuova opera si chiama Breathless, “Senza respiro”, titolo che richiama Truffaut e anche questa volta c’è una previsione: “il Covid-19 non sarà la nostra ultima pandemia e probabilmente neppure la peggiore”.

No, non sono pessimista. (…) Penso che abbia cambiato per sempre alcune delle nostre abitudini e percezioni – spiega Quammen al Telegiornale RSI – ma non abbiamo cambiato abbastanza il nostro modo di pensare al rischio di pandemia da proteggerci adeguatamente dalla prossima”.

Nel libro che esce il 4 ottobre negli Stati Uniti, come un detective David Quammen raccoglie indizi e prove della risposta mondiale nella lotta contro il virus interrogando 95 testimoni, ricercatori e scienziati.

Uno scienziato mi ha detto che è stato un fallimento di immaginazione. Non d’informazione o scientifico. È stato un fallimento dei leader, dei responsabili della salute pubblica e in particolare dei politici che non hanno abbastanza preso sul serio i segnali di avvertimento”.

Cosa intende per immaginazione?

Quando hanno detto che Spillover aveva previsto al pandemia non era perché ero un veggente ma perché – mettendo insieme le ricerche fatte, le epidemie passate (come la Sars) e le risposte sanitarie – era possibile immaginare il futuro. Questa immaginazione avrebbe fatto capire al politico che valeva spendere milioni di dollari in prevenzione anziché miliardi di dollari per le cure”.

E a quasi tre anni dal primo allarme da Wuhan qual è la lezione più preoccupante che ne ha tratto?

Molte nazioni (la stessa Cina, la Corea del Sud, il Giappone…) si sono mosse con rigore e per tempo, ma abbiamo coltivato un’illusione. Siamo così connessi, così globalizzati, che una malattia infettiva, in particolare una malattia trasmessa per via respiratoria, attraverso la via respiratoria arriverà ovunque e raggiungerà tutti”.

E poi c’è stata la preoccupazione dei politici per cui era importante “non creare panico”...

Ho chiesto ad Anthony Fauci “Qual è stata la decisione più importante presa nel 2020?” e lui mi ha risposto: “Politica o scientifica?”. “La decisione politica – mi ha detto Fauci – è stata quella di contraddire pubblicamente il Presidente degli Stati Uniti. Quella scientifica è stata, una volta ricevuto il genoma del virus, di dare il via alla ricerca per il vaccino. Era il 10 gennaio 2020. A fine marzo si potevano iniziare i primi test””.

Soprattutto al sorgere della pandemia, però, molte notizie si sono succedute, a volte smentite, e molti responsabili di salute pubblica consigliati dagli scienziati sono sembrati contraddirsi…

“Il metodo scientifico è un processo, fatto di ipotesi, di test, di passi provvisori verso una più chiara comprensione del mondo. Così anche alle domande da dove è venuto questo virus?, quali sono state le sue origini? dove sta andando?, ce ne libereremo mai? La scienza ci dà delle risposte in base a quanto attestato e queste risposte sono affidabili sebbene provvisorie”.

A proposito di origine del virus: vi sono dubbi anche sull’ipotesi che il coronavirus non venga da un mercato del pesce di Wuhan bensì creato in un laboratorio…

Si continua a ritenere probabile che l’origine del virus sia in un pipistrello, poi arrivato all’uomo tramite un mercato del pesce di Wuhan. Ma non possiamo escludere il contrario, che sia stato causato da una fuga di laboratorio, ma sappiamo solo che questo è altamente improbabile sulla base delle esperienze empiriche fatte”.

Una delle sue tesi di fondo è che gli “spillover” (lo sconfinamento di un virus da una specie animale) siano assai comuni, mentre le pandemie sono più rare. Dobbiamo temere che anche queste epidemie diventino più frequenti?

"Dobbiamo vigilare affinché i prossimi salti di specie di un virus vengano colti per tempo e delimitati. È un problema di collaborazione scientifica, di collaborazione internazionale, di investimento di fondi… e dunque di volontà politica. Dobbiamo essere pronti ad agire - a livello nazionale e internazionale - affinché questi virus non diventino epidemie, e che le epidemie non si estendano e diventino pandemie”.

Insieme al Covid-19 abbiamo scoperto un altro virus: la disinformazione e le cospirazioni che si diffondono attraverso i social media. Come si affrontano?

“Io non mi occupo di filosofia sociale e so che paradossalmente ho avuto molte occasioni per poter spiegare quanto accadeva e fugare dubbi e sospetti. Ma non sono conversazioni “da cena di gala” , implicano un impegno. È stata una battaglia educativa. Non so come si possa affrontare differentemente questo problema, ma è assolutamente una parte importante della preparazione alle pandemie. Altrimenti la disinformazione la prossima volta costerà potenzialmente milioni di vite”.

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