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Il Sudamerica svolta a destra

Il fronte dei presidenti progressisti sconfitto in Bolivia, Venezuela e Argentina

  • 24 febbraio 2016, 07:37
  • 7 giugno 2023, 17:49
Dopo Kirchner e Maduro, sconfessato anche Morales

Dopo Kirchner e Maduro, sconfessato anche Morales

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La tentazione fatale del potere eterno questa volta ha colpito il presidente boliviano Evo Morales, l’ultimo di una serie di leader progressisti sudamericani a conoscere, dopo diversi anni al potere, il sapore amore della sconfitta.

I boliviani hanno votato no nel referendum che puntava a cambiare la Costituzione per permettergli di aspirare ad un quarto mandato consecutivo. Il presidente indio, va detto, ha ancora tre anni di mandato, ma la battuta d’arresto arrivata dalle urne danneggia la sua immagine, già che da quando è arrivato al potere non aveva mai perso.

Morales non è l’unico a leccarsi le ferite. Nel novembre scorso Cristina Kirchner ha dovuto assistere in Argentina alla sconfitta del suo candidato a successore Daniel Scioli ad opera del moderato Mauricio Macri, che ha messo fine ai 12 anni della dinastia peronista iniziata da suo marito Nestor. Ai primi di dicembre in Venezuela l’opposizione ha ottenuto una schiacciante maggioranza di due terzi dei seggi in Parlamento e ora il potere di Nicolas Maduro, successore di Hugo Chavez, traballa. In Brasile Dilma Rousseff non naviga certo in buone acque, con una popolarità ai minimi storici, una grave crisi economica da affrontare e la richiesta di impeachment nei suoi confronti per delitti elettorali in attesa di essere giudicata dal Congresso.

Forse è presto per parlare della fine di un’epoca ma appare evidente che i tempi stanno cambiando. Sebbene ogni paese faccia storia a sé, lo scenario generale è quello di una recessione economica dovuta soprattutto alla caduta del prezzo delle materie prime e del petrolio, che sono stati il volano della crescita sudamericana durante gli ultimi anni. Oltre alle casse che piangono, si sente il logorio rispetto a governi che si sono mantenuti al potere per molto tempo. Diciassette anni di chavismo in Venezuela, tredici anni di governo del Partito dei lavoratori di Lula e Dilma Rousseff in Brasile, dodici anni del kirchnerismo in Argentina, un decennio per lo stesso Morales in Bolivia.

La voglia di alternanza, propria di tutte le democrazie, si fa avanti, spinta anche dai numerosi scandali di corruzione che un po’ ovunque hanno accompagnato questi governi. Sono cambiate anche le esigenze delle classi popolari. Beneficiate dai programmi sociali avviati durante il boom delle commodities, quando c’erano le risorse per farlo, oggi una gran fetta della popolazione pretende qualcosa di più del puro assistenzialismo; migliori servizi, più salute ed educazione, trasporti pubblici adeguati e dei miglioramenti strutturali soprattutto nelle periferie delle grandi metropoli. Risulta paradossale che anche laddove queste infrastrutture sono arrivate, come in Bolivia, l’unico paese della regione a vivere un buon momento economico, la popolazione ha scelto di punire comunque Morales per la sua volontà di perpetrarsi nel potere.

Rispetto alla foto di gruppo dei leader anti-imperialisti di qualche anno fa, l’unico che oggi gode di buona salute politica è l’ecuadoriano Rafael Correa, in carica dal 2007, che ha già detto comunque di non voler ricandidarsi al prossimo giro. Con la crisi economica e un malcontento popolare, l’asse progressista perde vigore e non è un caso che a soli tre mesi dal suo insediamento alla Casa Rosada Mauricio Macri riceverà a fine marzo la visita di Barack Obama. Dopo un decennio almeno di relazioni non proprio felici con i principali leader della regione, alla Casa Bianca hanno capito che il vento sta cambiando e che è giunto il momento di avvicinarsi di nuovo al Sudamerica.

Emiliano Guanella

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