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Il futurismo Tech di Elon Musk & Co. alla Casa Bianca

Quali idee e interessi hanno spinto la Silicon Valley a schierarsi con Donald Trump?

  • Ieri, 21:48
  • Ieri, 21:48
Elon Musk e Donald Trump

Un incontro con la stampa nello Studio Ovale

  • Imago
Di: Massimiliano Herber (con G. Kühn e T. Dessert), corrispondente RSI dagli Stati Uniti

Elon Musk col cappellino nello Studio Ovale, Elon Musk con la motosega alla kermesse dei conservatori, Elon Musk su X che detta le condizioni a deputati, funzionari pubblici e politici stranieri, Elon Musk che con Donald Trump trasforma la Casa Bianca in una concessionaria della Tesla dopo il tonfo in borsa del titolo.

Musk con Trump con Tesla

Elon Musk con il presidente Donald Trump davanti a una Tesla

  • X/WhiteHouse

L’uomo più ricco del mondo è stato rinominato “co-presidente” o “best buddy”, ma i soprannomi sono irrilevanti: conta il potere, quello vero. Le sei società di Musk hanno contratti con 17 agenzie federali per 13 miliardi di dollari. E proprio almeno undici tra queste – prima dei tagli imposti dal suo D.O.G.E. – stavano indagando su di lui. Ce ne sarebbe abbastanza per interrogarsi sul cortocircuito tra potere politico ed economico.

La copertina di Time del 24 febbraio

La copertina di Time del 24 febbraio 2025

  • Time

La conversione di Elon Musk sulla via del trumpismo dopo essere stato per anni un sostenitore del Partito Democratico è emblematica del sorprendente riallineamento dei Big Tech dietro al Presidente repubblicano. O forse, andrebbe ricordato che prima di schierarsi con Donald Trump, il proprietario di SpaceX, Tesla e X aveva sostenuto la candidatura di Ron DeSantis. Un cambio di casacca dopo anni in cui la Silicon Valley era stata etichettata come liberal e aveva sostenuto candidati democratici, sin quando la presidenza Biden ha iniziato a porri limiti e paletti ai social media e allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Da allora, quelli della vallata del Silicio non hanno più una sola bandiera. Hanno solo interessi.

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Il mondo tech in prima fila all’insediamento di Trump il 20 gennaio 2025

  • RSI

Un cambio di rotta che Evan Swarztrauber, lobbista a Washington e vicino alla Silicon Valley definisce motivato da una paura: “Sono molto preoccupati per l’Occidente e per il Paese - spiega alla televisione svizzera - credono che la Cina sia una minaccia e ci possa sorpassare tecnologicamente. E ritengono che gli Stati Uniti debbano avere una politica che promuova gli investimenti e acceleri l’innovazione tecnologica”.

Peter Thiel ed Elon Musk al lancio di PayPal nel 2000

Peter Thiel ed Elon Musk al lancio di PayPal nel 2000

Le idee di Musk sono quelle di una “confraternita di tecnomistici”, capitanata da Peter Thiel, David Sachs e Marc Andreessen; tutti visionari e provocatori, tutti più o meno direttamente coinvolti nella seconda presidenza Trump. Thiel – miliardario, pure lui sudafricano – fu tra i primi a investire in Facebook e sotto la sua ala ha fatto i primi passi del capitalismo di ventura J.D. Vance, oggi vicepresidente. Il finanziere Sachs è stato nominato da Trump “zar” delle criptovalute, mentre Andreessen più volte è stato avvistato a Mar-a-Lago. Thiel, Sachs e Musk erano soprannominati “PayPal Boys” o “PayPal mafia” perché hanno lavorato tutti nella società di pagamenti digitali co-fondata dal signor Tesla, ora tutti fautori di una rivoluzione tecno-autoritaria. “Vedevano l’attuale status quo politico come un problema, dice Swarztrauber, ritengono che le istituzioni abbiano perso fiducia. Ed è un qualcosa che deve essere interrotto, scombussolato, e gestito meglio”.

Evan Swarztrauber

Evan Swarztrauber

  • RSI

L’approccio è ingegneristico, vi è una fiducia futurista nella tecnologia, l’ideologia e le letture che sostengono questi miliardari della Silicon Valley vanno da Nietzsche a Marinetti, dal Signore degli anelli al teologo René Girard che aveva insegnato a Stanford. Il credo è un post-umanesimo (“transhumanism”), la convinzione che l’uomo abbia raggiunto i suoi limiti e che debba essere aiutato dalla tecnologia per poter proseguire il suo cammino. Una visione che intravvede nelle criptovalute una risorsa, vuole meno regole e più energia per l’intelligenza artificiale e immagina lo spazio (Marte) come via di fuga. “Vogliono spingersi oltre i limiti”, chiosa Swarztrauber,  “vogliono innovare, usare la tecnologia per risolvere i problemi della società e non vogliono che il governo li ostacoli”.

L’arrivo dei big della tecnologia nella sala dei bottoni spaventa molti osservatori. Secondo Mike Brock, un seguito blogger tecnologico con un passato nel mondo Tech californiano, a muovere Elon Musk e co. è una grande presunzione: “È un megalomane - spiega - crede di essere il migliore di tutti, ritiene che la democrazia liberale sia solo una finzione, che il potere vinca sempre e che la democrazia sia solo illusoria. Quindi, tanto meglio che a governare siano persone competenti… come lui”.

Mike Brock

Mike Brock

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Brock riconosce il genio imprenditoriale di Elon Musk e i suoi successi con Tesla e SpaceX e avendo lavorato nel settore ricorda la “frustrazione nel dover fare i conti con vecchie legislazioni e regolamenti, concepiti 30 o 40 anni fa”. “È un problema reale”, ammette, ma “la democrazia è un’altra cosa, è l’esito di lunghe, lunghissime battaglie”. Per questo sul suo blog e sulla sua newsletter non cessa di sottolineare i pericoli della democrazia americana sottomessa a un costante “stress test” da Musk e Trump. “Perdiamo tempo con ogni tipo di teoria sul perché Elon Musk possa agire senza l’avallo del Congresso, aggirando i tribunali e minacciando i giudici - dice accorato - ma di cosa stiamo parlando!?! Non è così che funziona il governo, non è così che funziona il nostro sistema di pesi e contrappesi”.

L’uomo più ricco del mondo vicino ai gangli del potere della democrazia più antica. Muove pedine, detta condizioni, inevitabilmente ridisegna equilibri. Non è mai stato eletto, eppure è lì. E la sua presenza non smette di interrogare. Né di inquietare.

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USA, il ruolo di Elon Musk

Telegiornale 19.03.2025, 20:00

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