Con il deposito delle liste dei candidati che si sfideranno il prossimo 4 marzo, la campagna elettorale italiana inizia a mettere tutte le sue pedine in campo. Pedine volute dai partiti attraverso una selezione interna che quasi ovunque è stata accompagnata da polemiche e guerre intestine.
A partire dal PD di Matteo Renzi che nelle scelte ha soffocato ai minimi termini i posti assegnati alle proprie minoranze interne. E così per un ex-presidente del partito come Gianni Cuperlo che getta la spugna, altri fedelissimi vengono paracadutati anche in località lontane, come nel caso della toscana Maria Elena Boschi catapultata addirittura in Sudtirolo pur di affidarle un posto sicuro. Tra le new entry da società civile, su tutti, il nome di Lucia Annibali, la donna che nel 2013 venne sfigurata con l'acido su mandato del suo ex fidanzato.
Ancor più folto invece il parterre di novità che il movimento 5stelle mette in campo, dopo aver aperto le candidature al di là del perimetro dei propri iscritti. Si passa dal nuotatore olimpico Domenico Fioravanti a Gregorio de Falco, il comandante che si segnalò come l’anti-Schettino durante il naufragio della Costa Concordia. Il resto, lo hanno fatto le parlamentarie online che tutto sono state fuorché trasparenti, visto che prescelti e sconfitti non sanno ancora oggi con quanti clic hanno vinto o perso.
Mentre, da parte sua, Berlusconi, per sfrondare i papabili, ha chiesto ai candidati di Forza Italia di pagare una quota di 30'000 euro per finire in lista. Una sorta di caparra a fondo perduto, versabile persino da una terza persona. Dopodiché sul versante dei nomi ad effetto, strada libera a sodali storici come l’ex-ad del Milan, Adriano Galliani, candidato al Senato in Lombardia.
D’altra parte, la scelta di rifugiarsi in personalità ad alto tasso di fedeltà è qualcosa che ha accomunato tutti: a destra nella Lega dall’imprinting sovranista di Matteo Salvini, a sinistra nella formazione Liberi e Uguali capitanata da Pietro Grasso.
Legami sempre più stringenti, anche perché se davvero il prossimo 4 marzo dalle urne non uscirà una chiara maggioranza, tutti i capi partiti vogliono avere le mani libere per spostare le proprie truppe nei vari rimescolamenti di campo che potrebbero innescarsi subito dopo il voto.
Lorenzo Buccella, corrispondente TV da Roma
Da Roma, Lorenzo Buccella
Telegiornale 29.01.2018, 21:00