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"L'alpinismo, la più alta forma di libertà"

Deciso, con la battuta pronta, è l'alpinista di punta a livello internazionale: Simone Moro ci racconta la sua vita in alta quota

  • 10 settembre 2013, 13:45
  • 21 agosto, 12:31
Simone Moro, ''Non basta sognare l'Everest''

Simone Moro, ''Non basta sognare l'Everest''

  • Foto Ely Riva

Fissare un obiettivo e poi raggiungerlo, o meglio ancora, avere un sogno e riuscire a trasformarlo in realtà. Questa potrebbe essere, banalizzandola, la filosofia di Simone Moro, l’alpinista bergamasco unico uomo al mondo ad essere riuscito a salire tre 8'000 in invernale: Shisha Pangma, Makalu e Gasherbrum III. Conosciuto nel mondo degli appassionati della montagna e salito agli onori della cronaca la primavera scorsa quando, con lo svizzero Ueli Steck e il fotografo britannico Jon Griffith, è stato protagonista di una lite con alcuni sherpa.

Questo episodio che ha spaccato letteralmente in due l’opinione pubblica è stato ripercorso da Moro durante la conferenza svoltasi a Canobbio lo scorso 6 settembre e organizzata dal Festival dei Festival, l’importante e ricercata rassegna Internazionale dei festival della cinematografia di montagna, giunta quest’anno alla sua 20esima edizione. “Il Dio denaro probabilmente è la causa di questo litigio”, ci ha raccontato, aggiungendo che quanto successo “non rappresenta chi sono veramente gli sherpa: non ho perso fiducia nei loro confronti, nel loro paese e nemmeno nel mio modo di fare montagna”.

"Quando salgo, io conto i passi"

La sua presenza in Ticino, è stata l’occasione anche per riflettere sul mondo della montagna, su cosa voglia dire salire su una vetta: “Quando salgo, io conto”, ci racconta, “ero pessimo in matematica, non sono un matematico iper razionale nella mia vita, però quando scalo le montagne, lo divento, conto sempre i passi e mi guardo in giro”. E la discesa? “Io racconto la discesa in caso di rinuncia, quella che implica il fatto di ritornare alla salvezza, non come una cosa da ‘sfigati’ ma come una virtù che sarebbe bene avere. Anche perché l’alpinismo non lo fai per quei tre minuti che passi in vetta”.

Obiettivo: Nanga Parbat in invernale

“L’alpinismo lo vedo longevo”, ci confessa, “e anche quando saremo stati su tutte le vette del pianeta, non sarà finita la più grande delle esplorazioni: quella dentro di noi”. Intanto però di sfide aperte ne rimangono ancora molte. Moro ha in mente di ritornare sul Nanga Parbat quest’inverno (lo aveva respinto due anni fa), la quarta invernale della sua carriera alpinistica e allo stesso tempo continuare il suo progetto di pilota di elicottero in Himalaya. “Non basta sognare gli Everest", afferma, "bisogna mettersi in cammino. Il passaggio tra evocarli in un sogno e lavorare perché il sogno si realizzi, lì sta l’esplorazione nostra. Lì sta la nostra avventura”.

Ascolta l'intervista audio

  • Simone Moro, il litigio ad alta quota con gli sherpa

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  • Simone Moro: "La vetta non è il traguardo", riflessione sulla discesa

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  • La curiosità: cosa pensa Simone Moro quando sale in montagna, durante le sue imprese estreme

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  • Come vede l'alpinismo Simone Moro

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Minibiografia

Simone Moro, classe 1967, ha iniziato ad arrampicare all’età di 13 anni. Laureato in scienze motorie è l’unico alpinista al mondo ad aver salito in prima invernale tre 8'000. E’ salito sulla vetta di sette dei quattordici 8'000 ed è arrivato quattro volte in cima all’Everest. Nel 2009 è diventato pilota di elicotteri, specializzandosi in soccorso alpino sulle montagne del Nepal. Il 19 maggio 2013 batte il suo stesso record, realizzato l’anno prima, insieme a Maurizio Folini e Armin Senoner, effettuando un recupero in long line a circa 7’000 metri di altitudine e realizzando il più alto avviamento a quota 5'300 m.

I pensieri di Simone Moro

“L’esplorazione non è propria dei temerari, è propria dell’uomo” .

"Dobbiamo smettere di fare l'alpinismo per bande".

Un grande alpinista mi ha detto una volta: “Ricordati Simone che non è difficile diventare un grande alpinista, ma diventare un grande vecchio alpinista”.

“L’alpinismo è la più grande forma di libertà”.

“L’Everest è una metafora dei nostri obiettivi, della nostra progettualità”.

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