Unite dal comune legame identitario: i ghetti ebraici dove entrambi i club sono nati. Il Tottenham in quello nel nord di Londra, l’Ajax ad Amsterdam. Da sempre identificate come due società “ebraiche”, e per questo spesso - in passato come oggi - bersaglio dell’antisemitismo da stadio. Questa sera Spurs e Lanceri si sfidano nella gara d’andata della semifinale di Champions League. Rivali per una notte, la prima volta nella loro storia.
Audere est facere, ovvero “osare è fare”, è lo storico motto dei londinesi, preso dalla cultura latina e dalle radici dell’ebraismo. Un senso d’identità e d’appartenenza che va oltre la stessa fede religiosa: per le due tifoserie dirsi “ebrei” significa rivelare la propria fede calcistica. Sfidando insulti e pregiudizi. Orgoglio d’appartenenza, rivendicato dagli inglese, un po’ meno - negli ultimi tempi - dall’Ajax, il cui presidente ha preso le distanze dalle radici ebraiche per disinnescare il carico d’odio che la sua squadra suscita tra i tifosi avversari.
Lorenzo Amuso