Non sono stati i servizi segreti egiziani a uccidere Giulio Regeni, il ricercatore italiano massacrato al Cairo in gennaio, nonostante le “menzogne” fatte circolare da “gente malvagia”. A sostenerlo mercoledì il presidente Abdel Fattah Al Sisi che rivendica piena trasparenza da parte egiziana e invita gli inquirenti italiani a tornare al Cairo per indagare ancora sulla morte del giovane.
A Roma intanto si studiano altre misure per fare pressione sull'Egitto dopo il richiamo dell'ambasciatore Maurizio Massari, ma il capo di Stato egiziano continua categoricamente a scartare la pista di un omicidio di Stato.
Il generale ha ammesso che il caso Regeni è un problema, ma a crearlo è stato qualche “malvagio” che ha diffuso su media e social network accuse infondate sugli apparati di sicurezza interni. La nazione africana, ha ribadito il presidente, ha “grande interesse” a trovare gli assassini del ragazzo, per tutelare le “relazioni privilegiate” con l'Italia, che a suo dire nel 2013 si pose “al fianco dell'Egitto” nel far cadere il Governo islamista di Mohamed Morsi.
ATS/Reuters/EnCa