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Sale la tensione, Israele punta a rispondere a Hezbollah

Concluso il gabinetto di sicurezza: “Netanyahu e Gallant decideranno il tipo di risposta” - Erdogan evoca la possibilità di invadere Israele - Il mondo si muove per evitare la guerra totale

  • Ieri, 22:39
  • Oggi, 08:57
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Un cacciabombardiere F-35 israeliano (foto d'archivio)

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Di: ATS/M. Ang.

Israele sta preparando la sua risposta all’attacco dal Libano che, a Majdal Shams, sul Golan, ha ucciso 12 bambini e adolescenti drusi in un campo di calcio.

Una prima reazione militare israeliana, con la tensione ormai alle stelle, c’è stata la notte tra sabato e domenica, attraverso una raffica di attacchi israeliani contro postazioni di Hezbollah in Libano, ma non è la reazione definitiva. “I membri del gabinetto politico di sicurezza hanno autorizzato il premier Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant a decidere le modalità e le tempistiche contro l’organizzazione terroristica di Hezbollah”. Lo ha fatto sapere l’ufficio del premier israeliano annunciando domenica sera la conclusione della riunione del gabinetto al ministero della Difesa a Tel Aviv.

Fonti diplomatiche a Washington e a Beirut hanno dato per “certa” la risposta anche se - hanno aggiunto - si sta lavorando “per limitare l’attacco in termini di dimensioni e luoghi, evitando le grandi città densamente popolate, inclusa Beirut”. Obiettivo è quello di non scatenare - con la contro-reazione degli Hezbollah - una guerra aperta. Intanto il capo di Stato maggiore dell’Israeli defence forces (le forze armate israeliane), Herzi Halevi, ha tenuto “una riunione di valutazione e di approvazione dei piani operativi per il Fronte del nord”. Piani sul tavolo del Gabinetto di sicurezza che stabiliscono le modalità e le zone interessate dall’azione.

Beirut, rassicurati da Paesi che risposta Israele sarà limitata

Il ministro degli Esteri libanese Abdallah Bouhabib ha dichiarato che Beirut ha ricevuto messaggi “rassicuranti” dai Paesi interessati secondo cui la rappresaglia di Israele per l’attacco missilistico di sabato su Majdal Shams sarà “limitata”, così come la successiva risposta di Hezbollah. Lo riporta il Times of Israel. Bouhabib ha detto al notiziario saudita Al Hadath che Hezbollah è pronto a ritirarsi oltre il fiume Litani, che scorre a circa 29 chilometri a nord del confine tra Israele e Libano, se Israele interrompe le sue “violazioni”.

Hezbollah nega la responsabilità dell’attacco

Hezbollah sabato ha negato ma anche secondo la Casa Bianca, dietro il razzo che ha ucciso in Golan, c’è la sua responsabilità. E ora teme la reazione e si sta preparando: secondo fonti della sicurezza libanese ha già sguarnito alcune postazioni chiave del proprio schieramento militare nel sud del Libano e nella parte est della Valle della Bekaa. Mentre anche tutto il Libano è in allerta, con una compagnia aerea che ha rinviato a lunedì l’arrivo di sei voli previsti in serata. E il ministro degli esteri libanese, Abdallah Bou Habib, avrebbe chiesto agli USA di fare pressione su Israele per limitare l’attacco.

Il mondo si muove per evitare la guerra totale

Il mondo intanto si muove per evitare la guerra totale con Washington che “sta lavorando a una soluzione diplomatica lungo la Blue Line” per porre “fine a tutti gli attacchi una volta per tutte e consentire ai cittadini su entrambi i lati del confine di tornare a casa in sicurezza”.

Erdogan evoca la possibilità di invadere Israele

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, dal canto suo, però, ha evocato la possibilità che la Turchia possa entrare in Israele come è entrata nel Nagorno-Karabakh e in Libia. “Come siamo entrati nel Karabakh e in Libia, potremmo fare lo stesso con loro. Niente è impossibile. Dobbiamo essere forti per fare tali passi”, ha detto il presidente al canale televisivo Halk, secondo quanto riportato dalla Tass e anche dai media israeliani. Secondo il canale televisivo, in questo modo il leader turco ha ribadito la sua disponibilità a sostenere la Palestina con qualsiasi mezzo.

A Erdogan ha risposto il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz. “Erdogan segue le orme di Saddam Hussein e minaccia di attaccare Israele. Lasciategli solo ricordare cosa è successo lì e come è finita”, ha scritto su X il ministro degli Esteri israeliano. Insieme al messaggio, Katz ha pubblicato una foto di Erdogan e un’altra del defunto leader iracheno.

La reazione israeliana con i raid sul Libano

La notte dopo l’attacco in Golan l’aviazione israeliana - in una prima reazione al missile Falaq-1 di oltre 50 chili di derivazione iraniana - “ha colpito una serie di obiettivi terroristici di Hezbollah sia in profondità nel territorio libanese che nel sud del Libano”. “Compresi - ha aggiunto il portavoce militare - i depositi di armi e le infrastrutture terroristiche nelle aree di Chabriha, Borj El Chmali, Beqaa, Kfarkela, Rab El Thalathine, Khiam e Tayr Harfa”. Un raid ampio ma non ancora decisivo. Non si fermano però i lanci di razzi dal Libano, cominciati l’8 ottobre scorso in solidarietà con Hamas.

Due nuovi attacchi di Hezbollah in risposta a quelli in Libano

Il giorno dopo Majdal Shams - dove si sono svolti gli strazianti funerali delle vittime e i ministri israeliani sono stati contestati - Hezbollah ha rivendicato di aver lanciato due attacchi nel nord di Israele in risposta a quelli in Libano. In soccorso degli alleati Hezbollah è sceso in campo l’Iran, che ha messo in guardia sulle conseguenze di “qualsiasi nuovo avventurismo di Israele, con il pretesto di rappresaglia per gli attacchi missilistici sulle alture del Golan”.

Nessuna svolta dalla riunione tra CIA, Mossad, Qatar e 007 egiziani

E mentre a Roma non c’è stata nessuna svolta sull’accordo per la tregua e gli ostaggi nella riunione tra Cia, Mossad, Qatar e 007 egiziani (esaminata la nuova proposta israeliana si è rinviato, ancora una volta, a successivi colloqui), è tornato a parlare su Telegram il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh: ha indetto per il 3 agosto una giornata “nazionale e internazionale di sostegno a Gaza e ai prigionieri” sottolineando “l’importanza e la necessità di un’effettiva partecipazione popolare nazionale, araba, islamica e internazionale, e la continuità di tutte le forme di manifestazioni e marce e la loro continuazione dopo il 3 agosto, finché l’occupazione sionista non sarà costretta a fermare la sua aggressione a Gaza”.

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