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Verso un autunno caldo per Erdogan

Le concessioni “democratiche” del premier non basteranno a fermare l’esacerbarsi delle manifestazioni di dissenso nei suoi confronti

  • 30 settembre 2013, 18:33
  • 5 giugno 2023, 20:50
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  • REUTERS

Si è riaccesa la protesta in Turchia nei confronti del primo ministro Recep Tayyip Erdogan . Difficilmente le sue misure per la “democratizzazione”, presentate nel quadro del processo di pace con i ribelli curdi del PKK, lo metteranno a riparo da ulteriori espressioni di dissenso, che dopo quelle della scorsa estate sono con ogni probabilità destinate a riprendere vigore.

Gli stessi ribelli curdi, poche settimane fa, avevano bloccato il ritiro dei combattenti dal territorio turco, accusando il Erdogan di non stare ai patti e di non aver ancora varato le riforme promesse; parallelamente, il PKK si era schierato al fianco dei manifestanti di Piazza Taksim, che contestano il premier e chiedono più democrazia e una minor ingerenza dei precetti islamici che l’ AKP vorrebbe imporre alla società.

Ma se i provvedimenti approvati oggi potrebbero mettere l’Esecutivo a riparo da dimostrazioni violente da parte della minoranza curda, gli scontri di piazza si sono susseguiti per tutto il mese di settembre e sembrano destinati a continuare.

Nuovi scontri in tutto il paese

A fare da miccia questa volta è stata la morte lo scorso 9 settembre ad Antiochia, di un manifestante 22enne, rimasto ucciso nel corso di duri scontri con la polizia. Secondo i testimoni il ragazzo sarebbe stato ucciso da un lacrimogeno che lo avrebbe colpito alla testa. La settimana seguente ci sono stati incidenti anche ad Istanbul, Ankara, Smirne e di nuovo ad Antiochia. Le forze dell’ordine hanno affrontato i riottosi con l’ausilio di gas e cannoni spara acqua; secondo Huriyet online – testata vicina ai movimenti di protesta – ci sono stati molti feriti e numerosi arresti. Pochi giorni dopo alla periferia di Istanbul si sono verificati tafferugli e circa mille persone si sono duramente scontrate con le autorità. Ultime in ordine di tempo sono le proteste di un gruppo di giovani di Antalya – la capitale turistica del paese – sceso in strada in gonna per solidarietà con le studentesse di un liceo, cui la direzione ha imposto di indossare a scuola solo e sempre pantaloni grigi. Ieri, invece, la polizia ha ricorso alla forza all'aeroporto di Istanbul per disperdere circa 200 manifestanti che dimostravano in appoggio allo sciopero dei dipendenti delle Turkish Airlines.

Giornalisti sotto tiro

Numerosi anche gli abusi perpetrati ai danni dei giornalisti che hanno seguito gli ultimi avvenimenti: alcuni professionisti sono infatti stati feriti o attaccati dalle squadre antisommossa. Un centinaio di reporter era già stato vittima di violenze durante le grandi proteste di giugno. Qui, la decisone del Governo filo-islamico dell'AKP di vietare dapprima la pubblicità, la vendita e il consumo di alcolici in determinate aree ed il divieto per i produttori di sponsorizzare avvenimenti culturali (ed in seguito la scelta di rimuovere il parco di Gezi per costruire al suo posto un centro commerciale) avevano spinto decine di migliaia di oppositori a scendere in strada ed erigere barricate per manifestare il loro disappunto contro questi provvedimenti.

In Turchia, dunque, le manifestazioni di protesta non si sono mai placate e questo lascia presagire un autunno caldo per il premier Erdogan: il fuoco della protesta non si è infatti mai spento e qualcuno continua a soffiarci sopra.

Ludovico Camposampiero

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