A Roma sono stati consegnati i Premi Balzan 2020; una cerimonia rinviata di un anno, rispetto al previsto, a causa della pandemia, per quelli che sono considerati i Nobel italo-svizzeri: sia per il loro importo (750'000 franchi), sia perché almeno la metà di questo importo deve essere destinato a progetti di ricerca per giovani studiosi.
Susan Trumbore (Germania/USA) per "la dinamica del sistema Terra", Jean-Marie Tarascon (Francia) per "sfide ambientali: scienza dei materiali per le energie rinnovabili", Joan Martinez Alier (Spagna) per "sfide ambientali: risposte dalle scienze sociali e umane", Antônio Augusto Cançado Trindade (Brasile) per "diritti umani". Questi i nomi dei vincitori, che hanno ricevuto giovedì la pergamena all'Accademia Nazionale dei Lincei a Roma dalle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la stretta di mano dell’ambasciatrice Schmutz Kirgöz, a suggellare la natura italo-elvetica di questi premi, lanciati più che mai nel cuore profondo dell’attualità per la corsia preferenziale accordata a studiosi e progetti di ricerca legati anche alle sfide ambientali.
A partire da chi come lo spagnolo Joan Martinez Alier, per primo ha indagato le implicazioni dei cambiamenti climatici nell’economia: "L’emergenza climatica sta aiutando a capire cosa sono i conflitti ambientali. È la disciplina che ora chiamiamo 'ecologia politica', perché l’uso della terra, dell’acqua e delle risorse dipende dal potere politico. È lui che decide a discapito delle popolazioni locali, come dimostra nell’Artico e nell’Amazzonia l'avanzamento delle frontiere delle estrazioni"
Tanto più che se non si invertono le gerarchie tradizionali del pensiero, anche per chi, come il francese Jean-Marie Tarascon è impegnato nel campo delle energie rinnovabili, i tanti dati citati rischiano di trasformarsi in un effetto bla bla bla: "Il fatto che chi doveva annunciare le conclusioni dellla COP26 si sia messo a piangere dà il quadro della situazione attuale, in cui, nonostante la buona volontà, i fattori geopolitici ed economici prendono sempre il sopravvento sul vero problema che è il clima".
"Perché - chiede Joan Martinez Alier - gli economisti continuano ad avere così potere? Prendiamo il Prodotto interno lordo: è un indicatore che deve scomparire. Dal PIL andrebbero tolti tutti i danni che l’economia fa all’ambiente e alla gente, soprattutto alle giovani generazioni che infatti protestano".
E per farlo, non bastano solo gli slogan della transizione ecologica, ma un lavoro tanto difficile quanto inevitabile.
"Bisogna essere onesti e dire che questa transizione energetica ci costerà cara, perché tutte le nuove tecnologie non sono a buon mercato, non si possono fare economie di grande scala e a basso costo. Per questo bisogna continuare con la ricerca", spiega Jean-Marie Tarascon.
Tutte questioni che da più punti di vista ci portano di nuovo lì, all’interrogativo di sempre: è davvero possibile crescere senza inquinare?