Svizzera

Ricercatori in fuga: un’opportunità per UE e Svizzera

La politica dell’Amministrazione Trump induce molti studiosi a lasciare gli USA per spostarsi oltre Atlantico

  • Oggi, 19:33
07:25

Gli USA e la paura di perdere i ricercatori

SEIDISERA 24.04.2025, 18:00

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Di: SEIDISERA-Francesco Suman-Luca Berti/RSI Info 

Le decisioni che ha preso Donald Trump in questi primi mesi del suo secondo mandato colpiscono vari settori, ma possono anche rivelarsi come opportunità per molti altri. Un esempio concerne la ricerca scientifica e l’attività accademica. La nuova amministrazione ha infatti deciso di tagliare i fondi a varie agenzie federali e ai grandi atenei USA. Si è così ipotizzato che molti “cervelli” possano lasciare gli Stati Uniti per andare a lavorare altrove: magari in Europa e magari in Svizzera.

Ora la rivista Nature ha fatto una stima su quanti ricercatori vogliano andarsene, dopo aver analizzato i dati di una sua piattaforma in cui vengono pubblicizzati posti di lavoro nel mondo della ricerca. È così emerso il seguente dato: da gennaio a marzo, rispetto allo stesso periodo del 2024 quando ancora non c’erano stati i tagli e i licenziamenti disposti dall’amministrazione Trump, molti più ricercatori che lavorano negli Stati Uniti hanno fatto domanda per andarsene dal suolo americano. Addirittura il 32% in più.

Ciò è in linea con gli esiti di un sondaggio che la stessa testata aveva effettuato qualche settimana fa: fra 1’600 ricercatori operanti negli Stati Uniti, circa 1’200 avevano espresso la volontà di andarsene a causa dell’incertezza sul futuro dei propri progetti e sulla possibilità di assicurarsi o meno un adeguato finanziamento per portarli avanti. Circa le mete preferite, gli interpellati avevano espresso di volersi spostare nel confinante Canada o al di là dell’Atlantico.

Per l’Europa questa “fuga di cervelli” dagli USA rappresenta un’occasione storica per invertire un trend che, nell’ultimo secolo, è andato principalmente sempre nella direzione opposta. La Commissione UE sta quindi iniziando a ragionare su come coordinare una serie di iniziative per rendere più attrattivo il sistema accademico europeo. Iniziative che, finora, sono state lasciate neanche ai singoli Paesi, ma addirittura ai singoli atenei. Uno fra i primi a muoversi è stato quello francese di Aix Marseille, che ha lanciato un programma denominato “Safe place for science” (“un posto sicuro per la scienza”), offrendo 15 milioni di euro concernenti una quindicina di posti di ricercatore per progetti di 3 anni.

Un’iniziativa rivolta a studiosi la cui libertà accademica è messa in discussione, si legge proprio nel portale di quest’università. A inizio aprile sono così pervenute circa 150 richieste, sia da interessati che lavorano in alcune delle più prestigiose università USA, come Yale e Stanford, sia da persone che lavorano nelle agenzie federali, come i National Institutes of Health o la NASA, che sono state colpite molto duramente da una serie di licenziamenti disposti in nome dell’efficienza della spesa governativa.

Che giudizio dare a questi sviluppi dalla Svizzera? “Io non posso essere contenta” per il fatto che “dei ricercatori su pongano il problema di lasciare gli USA per questioni di tipo ideologico”, commenta Luciana Vaccaro, presidente di Swiss Universities, la conferenza degli atenei elvetici, sottolineando che “noi abbiamo sempre creduto negli USA come un Paese di libertà”. D’altro canto questi studiosi “hanno certo un’opportunità in un continente che si sviluppa molto fortemente dal punto di vista della ricerca”.

Quanto alla Svizzera, “non deve provare nulla da questo punto di vista, poiché siamo competitivi come gli Stati Uniti”. E quello che la Svizzera può offrire è “in particolare un sistema flessibile”, visto che in ambito elvetico non esiste un sistema di concorsi universitari nazionali. “Da noi si aprono delle posizioni e liberamente le persone possono postulare”, ricorda Vaccaro. Di conseguenza, “se ci sono ricercatori di alto livello, saranno competitivi se vogliono venire nel nostro Paese”.

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