Società

Tagli alle Università statunitensi: regna un clima di nervosismo

Dietro l’attacco di Trump c’è l’obiettivo di “aggredire quelle dimensioni della società civile (come il giornalismo, l’università, il potere giudiziario) che possono mostrare resistenza”

  • Ieri, 13:00
  • Ieri, 14:17
proteste USA tagli fondi alle università e alle agenzie scientifiche
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Di: Red./Cristina Artoni, Enrico Bianda 

Dopo la comunicazione di Trump di voler tagliare il finanziamento di 400 milioni di dollari alla Columbia University, l’illustre istituto ha deciso di trattare e cedere alle richieste della Casa Bianca: vieterà le mascherine per nascondere il volto, conferirà a 36 agenti di polizia del campus nuovi poteri per arrestare gli studenti, nominerà un vice Rettore per supervisionare il Dipartimento di Studi mediorientali, sud asiatici e africani, nonché il Center for Palestine Studies. Diversa la decisione della Università di Harvard che per il momento ha deciso di non scendere a patti con Trump, nonostante la scure di 2,2 miliardi di finanziamenti che il Presidente americano minaccia di tagliare.

A proposto della decisione della Columbia University, che ha accettato le condizioni di Trump, ci preme comprendere lo stato d’animo del corpo docenti e lo facciamo con la professoressa Victoria De Grazia, docente emerita di storia della Columbia University.

Ma direi che tutti sono affranti. Quando si dice che c’è antisemitismo, allora si sta seguendo un motivo di fondo, un pretesto (...) c’è un enorme incremento di adesioni al sindacato e sono state avviate procedure legali che vanno avanti e che probabilmente avranno qualche esito. L’Università sta cercando di negoziare questi 400 milioni. Probabilmente oggi si dice che si può riparare la situazione, trovando anche dei mezzi interni. Detto questo non abbiamo un Presidente normale (...) Adesso la struttura è molto lesa da queste interferenze, ceh di certo non finiranno. Durante il maccartismo le interferenze sono andate avanti sei sette anni, però ora è molto diverso perché si tolgono i fondi invece durante il maccartismo i fondi andavano. Non sappiamo come andrà a finire. (Victoria De Grazia, professoressa emerita di storia della Columbia University)

Secondo un sondaggio proposto da Nature, il 75% dei ricercatori degli Stati Uniti vorrebbe abbandonare il Paese. Europa e Canada le mete più ambite. Nel 2025 il presidente americano Donald Trump e la sua squadra hanno tagliato fondi per miliardi di dollari all’università e la agenzie scientifiche statunitense. Sono stati annunciati anche licenziamenti di massa che in molti casi sono bloccati nei tribunali. In altri casi licenziamenti di massa sono già in atto, specie nelle agenzie che si occupano di ambiente alla National Oceanic and Atmospheric Administration, uno degli organismi dedicati alla lotta ai cambiamenti climatici più importanti al mondo. 1300 persone hanno già perso il posto di lavoro, un numero pari al 10% dell’organico.

Misure che stanno spingendo il personale accademico a correre ai ripari, ripensando in parte, insomma, le proprie prospettive di carriera. Stando ai numeri pubblicati da Nature, dei 1650 partecipanti al sondaggio, circa i 3/4 dichiarano di valutare un trasferimento. Un censimento che, pur non garantendo come dire, una rappresentatività dell’insieme della comunità scientifica, è indicatore quantomeno di una preoccupazione diffusa fra i ricercatori e le ricercatrici statunitensi. Su questo sondaggio sentiamo ancora l’opinione di Victoria De Grazia, professoressa emerita di storia della Columbia University.

Questo sondaggio di Nature è stato fatto solo fra i suoi lettori e ad esso hanno risposto solo gli americani, quindi può al massimo indicare un certo nervosismo di fronte a questo attacco così sfrenato, così maoista contro queste grandi istituzioni di ricerca. Il Governo federale ha preso di mira in modo molto ideologico le istituzioni accusandole di antisemitismo e sta cominciando a punire persone che hanno criticato la guerra di Gaza.. E questo sta creando un grande disagio, compreso anche la perdita di lavoro per professori già designati. (Victoria De Grazia, professoressa emerita di storia della Columbia University)

Sul clima nelle Università statunitensi abbiamo raccolto anche l’opinione di Davide Mammone, giornalista freelance con sede a New York:

Beh di sicuro c’è il timore che qualcosa di brutto e terribile possa accadere alla propria università. Quello che è successo alla Columbia con Donald Trump che manda questa lettera di richieste affinché l’istituto possa continuare ad avere dei fondi rischia di accadere anche in altre università. Il 4 aprile scorso c’è stata la notizia che Trump che cercando di tagliare 9 miliardi fondi per molte Università, fra cui Harvard (cui è stato annunciato un taglio di 2,2 miliardi). Più recentemente sta cercando di sospendere fondi a Cornell e Northwestern Universities: quindi è un fenomeno diffuso ed è ovvio che alcuni stiano almeno pensando a un piano B. Dove andiamo se il mio piano di ricerca viene sospeso da un giorno all’altro, dove andiamo se magari non mi trovo più bene in certi ambienti perché non mi sento più libero di esprimere me stesso durante la mia ricerca. (Davide Mammone, giornalista freelance con sede a New York)

Ma perché il trumpismo sta prendendo di mira le Università? L’obiettivo, ci spiega Victoria De Grazia, è quello di eliminare ogni forma possibile di contropotere:

L’idea generale è quella di aggredire quelle dimensioni della società civile (come il giornalismo, l’università, il potere giudiziario) che possono mostrare resistenza. Nel caso delle Università si sbandiera l’accusa di antisemitismo ma chiaramente i motivi sono un attacco a un possibile contropotere. (Victoria De Grazia, professoressa emerita di storia della Columbia University)

26:06

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Alphaville 09.04.2025, 12:35

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