«Giorgia e le altre leader. La vera rivoluzione delle donne al potere l’ha fatta la destra. Da Ursula von der Leyen alla premier britannica Liz Truss fino a Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue: sono i conservatori (e non la sinistra) a dare spazio alla riscossa femminile», titola «Il Giornale» a settembre 2022. I dati che porta sono inconfutabili: numeri alla mano, è più frequente che una donna conservatrice arrivi ai vertici politici.
Ma questo fenomeno è controintuitivo: non è proprio negli ambienti conservatori che vengono portati avanti valori “tradizionali” e ruoli di genere stereotipati? E allora perché arrivano più facilmente ai vertici del potere, politico ma anche aziendale?
La risposta è semplice: perché tutelano il modello patriarcale. «Le politiche conservatrici si calano negli unici panni che l’esperienza ha mostrato loro come vincenti: quelli di un uomo» spiega Davide Di Maio (Perché le donne conservatrici arrivano ai vertici di potere? Perché tutelano il modello patriarcale, in «The Vision», 2022). La novità sta nella loro «capacità di cavalcare temi che sono al cuore del discorso politico della destra radicale – dalle posizioni anti-immigrazione e anti-Islam, alla battaglia a difesa della famiglia «naturale» – giocando con la propria identità sessuale, proponendo un modello di leadership che coniuga emancipazione e tradizione, adesione all’ordine patriarcale e valorizzazione della forza femminile» commenta Giorgia Serughetti (Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica, Donzelli, 2024)
L’espediente retorico che spesso viene usato, anche nell’articolo del «Giornale» citato in apertura, è che tutte le donne sono femministe in quanto donne. Ma la realtà è diversa. «Non sono solo gli uomini, ovviamente, a credere nelle sfere separate o a negare le parole e la rabbia delle donne. Spesso sono altre donne a farlo. Come dimostrano gli studi, quelle che aderiscono a idee di genere conservatrici tendono a negare la loro stessa rabbia e ad avere reazioni inadeguate di fronte ad altre donne che invece la manifestano, specie se questa rabbia mette in luce le crepe di confortanti sistemi sociali», racconta Soraya Chemaly (La rabbia ti fa bella, HarperCollins, 2018). E continua: «A volte, a seconda del contesto, c’è la paura della competizione e di che cosa significhi il successo di un’altra in termini di genere e ruoli di genere. Gli studi indicano infatti che le donne con idee benevolmente sessiste sono le più ostili verso altre donne ambiziose o che danno mostra di potere politico» (La rabbia ti fa bella). Le donne conservatrici quindi diventano zelanti guardiane delle norme discriminatorie e di tradizioni sessiste, accettate dai colleghi maschi e rassicuranti per le elettrici che condividono i loro stessi valori.
Le donne conservatrici fanno carriera proprio perché non seguono né incarnano i valori del femminismo. Sono in prima linea con posizioni razziste e xenofobe, così come antidivorziste e antiabortiste. I partiti conservatori traggono vantaggio dall’avere donne come figure chiave nella difesa di valori “familiari” e “tradizionali”. Mostrando donne di successo tra le loro fila, possono contrastare le critiche di sessismo che gli vengono indirizzate.
E così, «alle storie di successo di donne che conquistano posizioni di guida non corrisponde di necessità un avanzamento nella condizione delle donne, né sul piano economico-sociale né su quello dei sistemi di valore culturale», nota Serughetti (Potere di altro genere). Per esempio, il Consiglio dei ministri del governo Meloni, in Italia, è composto complessivamente da 25 membri, di cui solo 6 donne: la quota femminile del 24% è la più bassa dal 2011 (Governo Meloni, il primo con premier donna ma la quota femminile è la più bassa dal 2011, in «Il Sole 24 Ore», 2022).
In altre parole, l’avanzamento di sporadiche leader conservatrici non basta a infrangere il cosiddetto “glass ceiling”, espressione usata da Marilyn Loden nel 1978. La metafora del “soffitto di cristallo”, usata per la prima volta dalla scrittrice femminista George Sand, rappresenta quella barriera invisibile, ma concreta e difficile da superare, che impedisce alle donne di raggiungere i vertici del potere.
Le politiche conservatrici si fanno solo aprire il lucernario, e lo usano da sole. Il soffitto crolla solo quando «si attuano politiche, si promulgano leggi o si modificano i cambiamenti aziendali in modo che la scalata per le altre donne sia meno ardua, proprio a cercare di instaurare un maggiore livello di parità di genere» (Donne e leadership, è sempre una questione di cristallo, 2025).
La questione non è che una donna conservatrice fa carriera. È che, quando la fa, la fa da sola. Non cambia le regole, gioca come farebbe un uomo. È ora di chiederci se vogliamo vincere questo gioco, o se è il momento di cambiarlo.
Donne e democrazia. Una storia di esclusione?
Alphaville 08.03.2023, 12:35
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