Divieto dei neonicotinoidi e impatto sulla produzione di barbabietole da zucchero. Il dibattito in Svizzera, come in altri Paesi europei, rimane intenso ma sempre nel segno delle divisioni: da una parte i coltivatori, che continuano a denunciare la crisi dei raccolti dovuta ai parassiti che non possono più essere combattuti con questi pesticidi; dall'altra biologi e ambientalisti, che sottolineano sempre la tossicità di queste sostanze per le api, le acque, la salute umana.
Proprio ieri in Francia l'Assemblea nazionale ha deciso di autorizzare, visti i problemi per la filiera delle barbabietole, una reintroduzione temporanea dei neonicotinoidi. Un passo che incoraggia i coltivatori svizzeri a confidare in una misura analoga anche in Svizzera. "Sono molto soddisfatto", afferma il produttore vodese Philippe Cornamusaz. Per lui è a rischio la produzione indigena di zucchero: "L'inverno mite ha favorito l'afide che ha diffuso il giallume della barbabietola", sottolinea.
Ma Edouard Michel, docente di biologia all'Università di Neuchâtel, pur comprendendo le difficoltà dei coltivatori, evidenzia i pericoli legati ai neonicotinoidi, lamentando il fatto che si sia fatto poco negli ultimi anni in funzione di alternative. "Sono davvero pesticidi a largo spettro che attaccano tutti gli invertebrati e gli insetti... Non per niente sono stati vietati".
A detta di Cornamusaz i danni sarebbero in realtà limitati. "I neonicotinoidi rivestono i semi di barbabietola che sono piantati sotto 5 centimetri di terra", sostiene. Ma per il professor Michel non per questo risultano meno dannosi: "Il pesticida resta per l'80-90% nel terreno e può così contaminare altre coltivazioni, essere veicolato dalla pioggia nei corsi d'acqua e nella falda freatica".
I produttori di barbabietole tuttavia non desistono. E dopo il provvedimento approvato in Francia premono sulla sfera politica nell'ottica della prossima semina.
RG/ARi