Svizzera

"Noi che siamo ben integrati"

Con e senza passaporto. Valentina e Loris raccontano la loro storia di "stranieri" della terza generazione in Svizzera

  • 5 febbraio 2017, 08:34
  • 15 settembre 2023, 00:22
Valentina Ottaviani e Loris Romano

Valentina Ottaviani e Loris Romano

  • RSI

Il 12 febbraio il popolo svizzero sarà chiamato a esprimersi sulla naturalizzazione agevolata degli stranieri della terza generazione (GUARDA IL VIDEO PER CAPIRE DI COSA STIAMO PARLANDO).


Secondo uno studio realizzato su mandato della Segreteria di Stato della migrazione, sono circa 25'000 i giovani che corrispondono ai criteri previsti dalla Confederazione e che potrebbero quindi beneficiare di tempistiche più brevi e di costi inferiori per ottenere il passaporto svizzero. La maggior parte di loro ha origini italiane, turche o balcaniche.

Cosa significa essere straniero, ma in Svizzera da generazioni? I giovani che appartengono a questa categoria come vivono l'integrazione? Noi abbiamo cercato di scoprirlo attraverso le parole di Loris Romano e di Valentina Ottaviani, entrambi di origini italiane, che ci hanno raccontato la loro storia. Loris ha 28 anni ed è laureato in scienze politiche, Valentina ne ha 32 e si occupa dell'organizzazione di eventi sportivi.

Quali sono le origini della vostra famiglia?


L:
I miei nonni sono emigrati in Svizzera quando i miei genitori erano entrambi poco meno che adolescenti: quelli paterni hanno scelto la Svizzera francese, mentre quelli materni si sono trasferiti in Ticino. Con il senno di poi la scelta - a loro dire - si è rivelata assolutamente vincente.


V:


Il mio trisnonno si è trasferito in Ticino negli anni '70 dell’Ottocento da Crema, una piccola città in provincia di Cremona, ed è stato attivo nel ramo alberghiero. Già il mio antenato aveva deciso che il Ticino sarebbe stata la dimora futura per la sua famiglia e proprio per questo chiamò suo figlio Elvezio. Mio nonno - e quindi anche mio padre - sono nati e cresciuti qui, sentendosi a tutti gli effetti svizzeri (tranne forse quando giocano gli Azzurri). All’epoca non si poteva avere la doppia nazionalità e quindi, dovendo scegliere tra una e l'altra, spiaceva perdere il contatto con la patria d’origine. Da bambina mi ricordo che mio nonno mi portava a Crema solo per rifare la carta d’identità e per votare. Lì sì che venivamo visti come i forestieri che tornavano al paese d’origine per adempiere al dovere elettorale.

Come avete vissuto la vostra infanzia/adolescenza da "stranieri" in Svizzera? Vi siete mai sentiti non integrati?


L:
Ho vissuto un’adolescenza meravigliosa condivisa con molti coetanei "stranieri" come me. Durante questo periodo, che per molti ragazzi può risultare particolarmente delicato, non mi sono mai sentito escluso o poco integrato. Anzi, il fatto di essere italiano è stato sicuramente un vantaggio rispetto ad altre provenienze, anche solo per una questione linguistica, che spesso può pesare in maniera determinante.


V:
Essendo nata e cresciuta in Ticino non mi sono mai sentita non integrata, salvo alcuni episodi isolati. Il mio comune è abbastanza piccolo e crescendo tutti insieme non ho mai avuto la percezione di essere straniera. Sorengo è sempre stata casa mia, come Lugano è sempre stata casa di mio padre. A conti fatti, la mia famiglia è in Ticino da più di un secolo e perciò non si era mai sentito il bisogno di ufficializzare la cosa. Così, quando ho deciso di farmi svizzera, molti dei miei amici si sono stupiti nel sapere che ancora non lo fossi. Subito dopo essermi naturalizzata, per citare un esempio della mia integrazione riuscita, sono stata coinvolta nella politica locale. Far parte del Consiglio Comunale mi piace e mi permette di mantenere un forte legame con il mio comune, ora che per lavoro viaggio parecchio.

Vi sono capitati episodi dove le vostre origini vi hanno fatto sentire a disagio?


L:
No. Finora non mi sono mai trovato in una situazione in cui la mia nazionalità potesse giocare un qualche ruolo, sia positivo che negativo. Penso che ponendo troppa attenzione all’appartenenza a questa o a quella nazionalità vengano alimentati pericolosi pregiudizi. Ritengo che ciò che realmente conti sia la personalità del singolo e la capacità di aprirsi verso gli altri. Avendo un carattere estroverso e avendo viaggiato molto, non ho mai avuto problemi a integrarmi sia all’estero, sia - naturalmente - qui in Svizzera.


V:
Posso citare solo due episodi di cui ho memoria. Il primo è quando il Municipio aveva invitato i 18enni del comune a festeggiare il raggiungimento della maggiore età. Peccato però che in quell'occasione fossero stati invitati solo gli svizzeri. Mi sono sentita un po’ esclusa, anche se poi il comune ha rimediato e so che ora tutti i ragazzi maggiorenni possono partecipare. Il secondo concerne un diverbio che mio fratello ha avuto con un agente delle forze dell’ordine. Quella sera è stato insultato con un brutto epiteto e gli è stato chiesto "perché non sei rimasto a casa tua". Questa parte ci ha ferito più dell'insulto: noi siamo a casa nostra, il Ticino è sempre stato casa nostra.

Qui - in virtù delle scelte diverse (nessun bisogno di naturalizzarsi in un caso, desiderio di naturalizzazione nell'altro) - le strade dei giovani intervistati si dividono e perciò le domande che rivolgiamo loro vanno differenziate. Iniziamo da Loris, che ha scelto di mantenere un'unica nazionalità.

Perché non hai avvertito la necessità di farti svizzero?


Essendo italiano di origine, ma nato e cresciuto in Svizzera, vivo per definizione una situazione di identità fluida. Sinceramente non ho mai dato troppo peso alla questione. Il giorno in cui, per ragioni professionali, dovessi trovarmi di fronte a un ostacolo insormontabile dato dal mio essere straniero, allora prenderei seriamente in considerazione la naturalizzazione. I tempi e i costi della procedura non mi hanno mai scoraggiato nella misura in cui non mi sono mai realmente interessato. Anche per quanto riguarda la ricerca del lavoro sul nostro territorio, ritengo che il permesso di soggiorno possa avere un peso più determinante rispetto alla cittadinanza.

Non ritieni che l'essere svizzero ti permetterebbe di godere di alcuni vantaggi?

Sicuramente. A partire dall’aspetto più ovvio, ossia i diritti politici. Tuttavia, parlando a titolo personale, non ho mai avvertito l’urgenza di richiedere la cittadinanza. Questo è dovuto principalmente a una costituzione e a un sistema istituzionale, che spesso diamo per scontati, capaci di tutelare efficacemente le minoranze del Paese. Un vanto per la Svizzera. Ma un’eccezione nel mondo.

Valentina, invece, ha affrontato l'iter per ottenere il passaporto svizzero.


Che significato ha per te la doppia nazionalità?

La mia doppia nazionalità rispecchia il mio sentimento. Mi sento sia italiana, per l'ambiente culturale in cui sono stata cresciuta (mia mamma è una milanese DOC), sia svizzera, avendo vissuto qui gran parte della mia vita. Per me non c’è stato un processo di integrazione, ma - come dice la parola stessa - di naturalizzazione. Sono nata e cresciuta qui, è stato quindi naturale per me ufficializzare burocraticamente questa condizione. Non ho dovuto imparare una lingua nuova, né abituarmi a usi e costumi differenti, come forse può capitare ad altre persone. So che altri giovani, provenienti da paesi più lontani e non di madrelingua italiana, hanno avuto più difficoltà ad integrarsi o a trovare lavoro.

Quali sono i vari passaggi che hai dovuto affrontare seguendo la procedura ordinaria?

Il processo di naturalizzazione è durato circa un anno e mezzo. La procedura può sembrare molto lunga, ma immagino che dovendo passare le varie fasi a livello comunale, cantonale, federale, ecc sia abbastanza normale. I documenti che ho dovuto presentare non sono stati molti e avendo fatto le scuole dell’obbligo in Svizzera non ho dovuto sostenere alcun esame. L'incontro che ho avuto con il Comune è stato abbastanza informale, dato che non ho dovuto presentarmi, essendo già conosciuta e integrata nel tessuto sociale.

Strade differenti che si riuniscono al momento di dare il proprio parere sulla votazione del 12 febbraio...

Come vi ponete rispetto a questa modifica costituzionale?


L:
Sono favorevole soprattutto perché lancerebbe un segnale positivo, di apertura, in un mondo che sta andando esattamente nella direzione opposta. La possibilità di usufruire della procedura agevolata non mi farebbe comunque cambiare idea, coerentemente con ciò che ho spiegato prima. Non ritengo che i criteri proposti siano particolarmente discriminanti, tutt'al più innalzerei il limite di età (posto ora a 25 anni).


V:
Dal mio punto di vista personale i criteri per la naturalizzazione agevolata non sono particolarmente restrittivi. Sono quindi favorevole a questa proposta. Ritengo importante e necessario conoscere la storia e la cultura svizzera e almeno una lingua per l’ottenimento della nazionalità. Infatti, già la non conoscenza delle lingue nazionali di per sé denuncia una non integrazione nel tessuto sociale. Secondo me se si è "stranieri" di terza generazione credo che si posseggano quasi automaticamente tutti i requisiti richiesti.

Naturalmente, nella popolazione, i pareri su questa naturalizzazione agevolata non sono certo unanimi. I sondaggi in vista del voto hanno evidenziato le divergenze e alcuni ambienti politici, con in testa l’UDC, esprimono un’aperta opposizione al decreto federale. Non rimane che attendere il 12 febbraio per conoscere la decisione finale, da parte del popolo e dei cantoni, su questa modifica del diritto di cittadinanza.

Camilla Luzzani

Per saperne di più:


1:11:07

Democrazia diretta: naturalizzazione agevolata

Informazione 23.01.2017, 21:00

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