La Svizzera esporta sigarette e altri prodotti derivati del tabacco per 563 milioni di franchi all’anno. Una cifra paragonabile al più tipicamente elvetico settore del formaggio. Anche nel ramo delle “bionde” c’è qualcosa di tradizionale, denuncia Oliver Classe di Public Eye ai microfoni della RSI: “È un classico doppio standard, come ce ne sono altri ad esempio nei pesticidi… vengono esportati prodotti creati appositamente per paesi con regole meno severe”.
Secondo analisi di laboratorio commissionate dall’ONG le sigarette vendute in Marocco sotto lo stesso marchio hanno contenuti di catrame, nicotina e monossido di carbonio nettamente superiori, a volte addirittura il doppio, rispetto a quelle prodotte per il mercato confederato ed europeo.
Una situazione resa possibile dal Parlamento che, anni fa, per non ostacolare l’export non si è allineato alle normative europee. “Un vantaggio concorrenziale che spiega la massiccia presenza proprio in Svizzera dei maggiori produttori di tabacco, non solo con la sede fiscale ma anche con siti produttivi”, ricorda il portavoce dell’ONG.
“L’atteggiamento è forse ipocrita, ma il problema è altrove… finché le leggi non saranno uguali in tutto il mondo i fumatori abituati a sigarette forti non cambieranno abitudini”, aggiunge dal canto suo il consigliere nazionale socialista Jacques-André Maire. E la Svizzera, che esporta l’80% dei 4 miliardi di pacchetti prodotti annualmente, perderebbe una fetta importante del mercato mondiale del fumo.