È un paesaggio religioso differenziato e dinamico quello che emerge dalla ricerca Re.Spiri (acronimo di religione e spiritualità) i cui risultati sono stati presentati pubblicamente giovedì a Bellinzona insieme a una mappa interattiva online dei luoghi di culto fisici dove le comunità si riuniscono. Lo studio, durato quasi tre anni, è stato condotto dal Centro intercantonale di informazione sulle credenze ed è stato in parte finanziato anche dal Cantone. A quasi 20 anni dal primo repertorio sulle religioni in Ticino, questa ricerca - che ha trovato l’adesione in oltre l’80% delle comunità contattate - può aiutare a capire meglio anche l’apporto delle emigrazioni più recenti. Indica infatti dove concentrano i luoghi di culto, per quali comunità religiose e relativi sottogruppi ma fornisce anche dettagli sulla lingua dei culti, e molte altre informazioni.
Una differenziazione interna ed esterna
Sono state censite 503 comunità religiose e spirituali (dato aggiornato a maggio 2024), riconducibili a 10 tradizioni religiose con anche una diversità interna (correnti e sottogruppi). Senza sorprese, le comunità legate al cristianesimo (e in particolare al cattolicesimo romano) rappresentano la fetta più grande. La diversità religiosa si manifesta specialmente nei centri urbani. Dallo studio emerge inoltre che in Ticino si prega in 36 lingue diverse. Un quinto delle comunità è multilingue.
La ricerca ha censito 356 comunità che svolgono i loro rituali in edifici religiosi ma sono stati cartografati anche luoghi meno “visibili” o riconoscibili per essere degli spazi legati a culti religiosi. In una settantina di casi, i rituali si svolgono in luoghi di culto che non nascono come edifici religiosi ma sono, per esempio, spazi industriali e commerciali riconvertiti a questo scopo oppure appartamenti privati. L’edificio che accoglie la Chiesa Viva di Mendrisio, ad esempio, è un’ex fabbrica di scarpe. A Giubiasco, c’è una comunità buddista che si riunisce in un appartamento affittato. In una trentina di casi si è osservata anche la condivisione di uno stesso luogo di culto per gruppi diversi di una stessa tradizione religiosa. Vi sono inoltre comunità attive anche sotto il profilo dell’integrazione in quanto offrono ad esempio attività di formazione e socio-culturali legate all’apprendimento della lingua italiana.
“Lo scopo primo della ricerca è di tipo conoscitivo e il fine è quello di aiutare a prevenire pregiudizi e discriminazioni”, spiega la ricercatrice Tatiana Roveri, co-autrice dello studio. Da qui la cartografia prodotta insieme alla ricerca che, tenendo conto della dimensione spaziale, permette di capire dove si concentra la diversità religiosa. Da notare che lo studio ha impiegato dei criteri ben precisi: per essere considerata una comunità religiosa occorre infatti che vi siano “gruppi di persone che si ritrovano regolarmente in un luogo per dei motivi religiosi e spirituali e per svolgervi le proprie pratiche” fa presente Roveri secondo la quale “è emersa una fotografia estremamente dinamica e vivace del paesaggio religioso ticinese”.
Censita una trentina tra nuovi movimenti e nuove spiritualità
È soprattutto dagli Sessanta che alcune fasi migratorie hanno favorito l’emergere di altre tradizioni religiose, non cristiane. Tra le comunità censite, una quindicina si colloca sotto il cappello “Nuovi movimenti religiosi” (ne fanno parte Scientology o Eckankar) e circa altrettante sono quello di “Nuove spiritualità”.