Pioveva allora come oggi, il 22 settembre 1993, trent’anni fa, quando a Polmengo alle 11.32 venne fatta brillare la prima carica simbolica di AlpTransit. L’allora presidente della Confederazione Adolf Ogi adattò al maltempo le sue poche parole in italiano: “Sposa bagnata, sposa fortunata”, disse.
Come farina: la dolomia saccaroide della sacca del Piora
E di fortuna i tecnici speravano di trovarne parecchia al termine della galleria esplorativa che, partendo dal territorio di Faido, doveva verificare la consistenza geologica sotto la sacca di Piora. La perforazione, simbolicamente avviata quel giorno ma partita di fatto il 4 ottobre seguente con i trivellamenti, si sarebbe inoltrata per 5’540 metri nella montagna: 300 metri sopra il livello dove sarebbe passata la galleria di base del San Gottardo, lunga 57 km, tra Bodio ed Erstfeld (UR).
Lo schema del sistema di sondaggio per la sacca di Piora
Sul fondo della sacca andava chiarita quella che era considerata, geologicamente, l’incognita maggiore dell’impresa. Gli esperti dovevano infatti appurare l’estensione in profondità del materiale presente in superficie: la dolomia saccaroide, una roccia calcarea friabile come zucchero. La sua presenza era nota sin da perforazioni effettuate negli anni ’60, ma ora l’obiettivo era di verificare con precisione le dimensioni della fascia “dolce” e la sua consistenza in profondità. “La dolomia saccaroide satura d’acqua a livello della galleria di base - spiegò nel 1995 l’ingegner Giovanni Lombardi - in mancanza di provvedimenti adeguati, potrebbe sprigionarsi come un fluido pastoso”. Ciò, continuò il progettista del tunnel autostradale che bucava la stessa montagna, “avrebbe un influsso di non poco conto sui costi di costruzione e sul programma dei lavori”.
Campioni di roccia prelevati dalla galleria di sondaggio nel 1997
Nel caso in cui la fascia calcarea fosse arrivata sino al livello del tunnel di base non tutto era perduto. Ma sarebbero stati necessari costosi rimedi. Si sarebbe dovuto, in pratica, iniettare dai fori nelle pareti del tunnel resine sintetiche e altri materiali consolidanti durante l’avanzamento dello scavo.
Le tappe dell’esplorazione, con un costo di 85 milioni di franchi, prevedevano 23 mesi per la realizzazione dei 5,5 chilometri del cunicolo, concluso da una camera dalla quale si sarebbero diramate le perforazioni alla ricerca del “nemico”. Nel piano era contemplato anche lo scavo di un pozzo di 330 metri che sarebbe sceso sino alla quota del tracciato ferroviario.
Nel marzo 1996, durante una perforazione a 300 metri sopra il livello del tunnel di base, gli operai si imbatterono effettivamente in uno strato di dolomia. Ulteriori indagini avevano tuttavia permesso di appurare che la roccia era asciutta, dove sarebbe passata la galleria, mentre assumeva consistenza zuccherina unicamente negli strati superiori. “Per il momento - si legge in un rapporto geologico del 30 gennaio 1998 - tutto indica che l’area da attraversare con le due gallerie è costituita principalmente da dolomia marmorizzata, senza corsi d’acqua significativi”.
Infiltrazioni di acqua nel sistema di sondaggio a Polmengo nel 1996
L’incubo degli ingegneri venne superato, per fortuna senza problemi, il 15 ottobre 2008, quando lo scavo del tubo est superò i circa 150 metri della sacca di Piora. Lo stesso avverrà, nel giro di pochi mesi, anche con il tubo ovest. Da quel momento in avanti i lavori proseguirono senza significativi intoppi, sino al momento più memorabile, il 15 ottobre 2010, quando alle 14.17 cadde l’ultimo diaframma della galleria di base: il primo a passare al di là del varco fu il minatore austriaco Hubert Bär, allora 56enne, che teneva in mano una statuetta della protettrice Santa Barbara.
Il minatore Hubert Bär il 15 ottobre 2010 dopo il crollo del diaframma
L’11 dicembre 2016, 23 anni dopo l’inizio delle attività esplorative, entrò ufficialmente in esercizio la galleria di base. Un’opera da 12,2 miliardi di franchi che, ad un certo punto del suo percorso, ha rischiato di impantanarsi in una sacca di guai. Per gli scaramantici è forse più di una coincidenza il fatto che l’incidente del treno merci, deragliato lo scorso 10 agosto, sia avvenuto, dentro il tunnel, all’altezza della stazione multifunzionale in territorio di Faido, nella parte di montagna dove il duro gneiss va incontro al minerale più dolce.
“Sposa bagnata, sposa fortunata”. La previsione di Ogi, in definitiva, si è avverata. Ma non del tutto. Quel giorno di trent’anni fa, assieme al presidente della Confederazione prese la parola anche il compianto consigliere di Stato Giuseppe Buffi: “Con la Lombardia - disse l’allora presidente del Governo - è già stata sottoscritta una Dichiarazione di intenti che contempla l’adesione al progetto gottardiano e approva l’indirizzo per la continuazione a sud di Lugano passando per Chiasso”. Intenti che però, senza l’appoggio della Confederazione al progetto AlpTransit Sud, si mostrarono più friabili della dolomia.
San Gottardo, l'importanza delle vecchie vie di transito
Telegiornale 14.09.2023, 12:30