Per la prima volta dalla mobilitazione che ha portato in piazza 10'000 persone a Bellinzona parla una delle porta bandiera dello sciopero delle donne in Ticino. Françoise Gehring è pronta ad affermare che le rivendicazioni anche in ambito di occupazione e lavoro non si fermano a quel 14 giugno. La necessità è ora quella di tradurre quelle istanze in cambiamenti concreti.
“È chiaro – riflette Gehring - che i sindacati dovranno agire sul fronte delle condizioni di lavoro ed impiego traducendo in proposte operative le rivendicazioni delle donne”. Tra queste vi sono i salari minimi soprattutto nel settore privato, la lotta contro i licenziamenti dopo la maternità ed infine massima attenzione ai tempi parziali di lavoro che interessano soprattutto le donne che conciliano famiglia e lavoro.
Lo sciopero del 1991 ha portato alla Legge sulle pari opportunità che fu messa in consultazione quell'anno. Questa grande manifestazione di piazza per qualcuno poteva essere l’occasione per porre da subito delle rivendicazioni. Ma il 14 giugno risponde Gehring era il giorno in cui “liberare la voce di un’espressione collettiva di disagio e voglia di lottare. Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni e ora dobbiamo vedere come si possono mettere in pratica”.
E a questo proposito, c’è interesse per le parole espresse dal direttore del DFE Christian Vitta all’indomani dello sciopero delle donne: il presidente del Governo ha dichiarato che le questioni emerse potranno venir discusse nel nuovo gruppo di riflessione sul mercato del lavoro che è appena stato lanciato. Un’occasione per essere coinvolte? “È una pista da prendere seriamente in considerazione - conclude Gehring - dal momento che i sindacati sono rappresentati solo da uomini in questo gruppo di lavoro”.