Una Pasqua con "tonalità ridotte", è così che la descrive il cappellano Fra Michele Ravetta, guardiano del convento di Bigorio, durante l'intervista di lunedì mattina ad Albachiara, "è vero le nostre chiese non erano aperte al pubblico nel senso della partecipazione alla liturgia ma in tutto il mondo lo si è celebrato, anche nei luoghi in cui la gente a toccato con mano la sofferenza, come negli ospedali e nelle case di cura".
Luoghi che il parroco conosce molto bene: "mai mi sarei immaginato di essere mandato all'ospedale la Carità di Locarno, centro cantonale del COVID, per istituire un team reperibile 24 su 24 in un contesto così grave". Lui e altri due confratelli sono chiamati durante l'emergenza coronavirus ad aiutare non solo i pazienti durante il duro, e a volte fatale, isolamento, ma si trasformano nei portavoce dei famigliari, diventano il ponte che tiene unita una famiglia.
Il limite delle visite è un vera tragedia, un figlio o un parente che vede scomparire il suo caro dietro una porta d'ospedale per poi non poterne rivedere nemmeno la salma. Elaborare una perdita non è mai facile, ancora meno in questi casi, e portare conforto a volte è quasi impossibile. "Come due giorni fa", continua a raccontare Fra Michele Ravetta "abbiamo perso due coniugi, cioè è morto un coniuge e nel letto accanto c’era quello sopravvissuto, immaginatevi cosa vuol dire portare un messaggio di conforto mentre accanto c’è il coniuge appena deceduto".
Il rischio di ammalarsi c'è, anche se le misure di prevenzione sono comunque molto severe: "uno dei nostri si è ammalato, ora è a riposo".