La battaglia elettorale è iniziata da un pezzo. Molti pretendenti si sono già defilati, ma da lunedì 3 febbraio si fa sul serio: basta sondaggi, si contano i voti.
Il Partito democratico inizia il processo di selezione per individuare il candidato che il 3 novembre sfiderà Donald Trump per la presidenza degli Stati Uniti. In corsa vi sono undici candidati, ma dopo il voto nei primi stati è da prevedere un’ulteriore scrematura.
Il calendario
Si inizia a votare in Iowa (3.2), poi in New Hampshire (11.2), in Nevada (22.2) e Carolina del Sud (29.2). Il 3 marzo è previsto il SuperTuesday: quel martedì si voterà in 14 stati americani, tra cui i due più popolosi: Texas e, per la prima volta così presto, in California. Le primarie continueranno fino al 7 giugno, poi dal 13 al 16 luglio a Milwaukee, nel Winsconsin, si terrà la Convention del partito che nominerà formalmente lo sfidante democratico di Donald Trump.
I delegati
Il meccanismo di selezione è complesso. I candidati alla nomination devono ottenere il sostegno dei 4’750 delegati democratici: i rappresentanti del partito a livello locale che saranno presenti alla Convention di luglio. Durante le primarie, i candidati devono conquistare la maggioranza dei delegati statali (3'979): l’obiettivo dunque è quota 1’990 delegati. Se un candidato non dovesse raggiungere la maggioranza assoluta avrà bisogno del sostegno della maggioranza dei “super delegati” (771, tra deputati, senatori, governatori e i vertici del partito).
Iowa
Dal 1972 le primarie democratiche iniziano in questo piccolo stato rurale del Midwest. In palio vi sono solo 41 delegati, ma l’esito del voto può condizionare il prosieguo delle primarie. E in passato non sono mancate le sorprese. In sette casi su dieci chi ha vinto in Iowa ha strappato la nomination finale. In due casi chi ha vinto questa prima tappa è stato eletto presidente: Jimmy Carter nel 1976 e Barack Obama nel 2008. In un solo caso chi non ha vinto è riuscito a conquistare nomination e Casa Bianca (Bill Clinton nel 1992 e non a caso soprannominato “Comeback Kid”).
Si stima che il privilegio di poter dare il calcio di inizio alle primarie presidenziali porti nelle casse dello Stato un indotto notevole. Nella capitale Des Moines sono stati calcolati oltre 11 milioni di dollari di maggiori entrate nella sola ultima settimana di campagna.
I caucus
In Iowa (e anche in Nevada) il processo di scelta avviene attraverso i caucus, delle assemblee che si tengono in ognuna delle 1700 circoscrizioni nelle 99 contee. Invece di esprimere il loro voto nel segreto dell’urna recandosi al seggio, nel tardo pomeriggio del primo lunedì di febbraio gli elettori si radunano dove si tengono i caucus (termine che pare derivare dai nativi americani): scuole, abitazioni, palestre, chiese. Al termine di un confronto tra i simpatizzanti dei candidati, si vota contandosi. Valgono solo le preferenze dei candidati che superano il 15 percento: se un candidato non raggiunge questa soglia i suoi simpatizzanti dovranno optare per la loro seconda scelta. Per questo i sondaggi realizzati sino ad ora sono da prendere con le pinze.
Le primarie a… Hollywood
Le elezioni americane sono certamente il processo democratico più mediatizzato al mondo e ogni anno forniscono miriadi di spunti e di storie. Storie che abbiamo conosciuto, che ricordiamo e che spesso sono state riraccontate dal cinema. C’è chi di recente ha addirittura fatto una classifica tra i film più belli. Per gli appassionati cinefili e i nerds americanofili ecco qualche titolo per riguardare e ripensare le presidenziali “made in USA”:
- Le idi di marzo (2011): un candidato bello e senza scrupoli, i Democratici, uno “Swing State”: tutta la crudeltà e l’ipocrisia della politica americana.
- Tutti gli uomini del presidente (1976): la campagna presidenziale di Richard Nixon è solo sullo sfondo, ma in periodo di impeachment ed elezioni è un film che merita sempre.
- Bulworth – Il Senatore (1999): campagna per le primarie in California nel 1996. A un candidato disperato e machiavellico accade un imprevisto… romantico. Con Warren Beatty.
- Il Front Runner – Il vizio del potere (2019): è il 1987 e Gary Hart è il favorito tra i candidati democratici, ma una scappatella sentimentale manda tutto all’aria. La storia dello scandalo che ha cambiato le elezioni (e la loro copertura mediatica).
- Mr. Smith va a Washington (1939): James Stewart in un bianco-e-nero d’annata. Il protagonista è un Senatore subentrato… ma un classico di Frank Capra è sempre bello per affermare che non solo la vita, anche la politica può essere meravigliosa.