Domenica in scena

Autoritratto con pollo

Originale radiofonico di Margherita Coldesina

  • 16 marzo, 17:35
Autoritratto con pollo

Da Domenica 16 marzo a Domenica 23 marzo 2025 ore 17:25

Con Claudio Moneta, Jasmin Mattei e Tatiana Winteler.
Presa del suono, sonorizzazione ed editing: Thomas Chiesa
Regia: Margherita Coldesina
Produzione Francesca Giorzi

Riascolta qui Autoritratto con pollo

  • Autoritratto con pollo (1./2)

    Domenica in scena 16.03.2025, 17:35

  • Autoritratto con pollo (2./2)

    Domenica in scena 23.03.2025, 17:35

Provateci voi: a far camminare una gallina all’indietro. Di proposito, eh. Una gallina nata normale, che camminerebbe dritta come tutte le galline del mondo se solo la si lasciasse in pace, e però questa gallina – il cui karma non ci sentiamo di sondare – se la deve vedere con l’ostinazione di una bambina spuntata fuori all’improvviso in una fattoria della Georgia poco prima della Seconda guerra mondiale. Un osso duro questa bambina. Ve l’immaginate? «Come on hen, walk backward… Su, gallina, cammina all’indietro». Per celebrare Flannery O’Connor a 100 anni dalla sua nascita, Rete Due propone l’ascolto di un radiodramma che ne ripercorre lo stravagante itinerario umano e letterario. Idolatrata da generazioni di intellettuali e presa a modello dai romanzieri di tutto il mondo, la O’Connor – stroncata dal lupus a soli 39 anni – ha vissuto tutta la vita su un fazzoletto di terra nel sud degli Stati Uniti, dove – insieme alla madre Regina – mandava avanti una fattoria e dava avvio a un bizzarro allevamento di pavoni. Eppure, a giudicare dagli strampalati personaggi che animano i suoi racconti, sembrerebbe aver fatto il giro del mondo più volte; dal Papa ci andò, e anche a Lourdes, ma di certo più per curiosità intellettuale che per supplicare una guarigione miracolosa. Lo stile trascendentale che caratterizza la penna di Flannery O’Connor – all’anagrafe Mary Flannery, ma era troppo da femmina – è sorretto da una fede nel Signore ostinata e granitica. Goffa, affatto condiscendente, morta vergine, questa fuoriclasse della prosa breve è diventata una figura esemplare, imprescindibile, quasi santificata della letteratura mondiale. E se è vero che nella sua pagina troneggia il sacro, di sicuro non siamo di fronte a una scrittrice bigotta o perbenista: al contrario, i suoi racconti sono un florilegio di scene grottesche, un misto di comicità e orrore che rasenta il gotico.

Attraverso un commosso, ma divertito elogio funebre, il radiodramma ripercorre l’infanzia, i lutti, gli anni della formazione e dell’emancipazione dai continui rifiuti rifilati dagli editori della O’Connor. Un discorso frammentato, insieme quotidiano e universale, che Margherita Coldesina ha immaginato in bocca a uno dei poeti più apprezzati negli Stati Uniti, amico e mentore di Flannery: il due volte premio Pulitzer Robert Lowell. Il quale scrive a tentoni, segregato – come spesso accadeva – in manicomio; tra ronde di infermiere impiccione, due dita di whisky e flaconi vuoti di Valium.

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