Blu come un'arancia

Letteratura e malattia

A cura di Marco Alloni

  • 27.06.2016, 20:20
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Blu come un'arancia
Da lunedì 27 giugno a venerdì 1.luglio 2016 alle 18:20
Replica il giorno seguente alle 01:30

Tutti gli episodi di:"Letteratura e malattia"

  • Letteratura e malattia (1./5)

    Blu come un'arancia 27.06.2016, 20:20

  • Letteratura e malattia (2./5)

    Blu come un'arancia 28.06.2016, 20:20

  • Letteratura e malattia (3./5)

    Blu come un'arancia 29.06.2016, 20:20

  • Letteratura e malattia (4./5)

    Blu come un'arancia 30.06.2016, 20:20

  • Letteratura e malattia (5./5)

    Blu come un'arancia 01.07.2016, 20:20

La malattia è sempre stata un tema delicatissimo nella storia della letteratura. Non solo perché è sempre difficile parlare di malattie, ma perché in fondo la letteratura ha scandagliato da vicino il rapporto problematico che l’uomo intrattiene con la precarietà della vita da tempi antichissimi. E cosa meglio della malattia rappresenta e simbolizza la nostra fragilità, il confine così labile fra una vita sana e una vita insidiata dal male, il discrimine fra sicurezza e incertezza anche radicale? Nel Blu come un’arancia di questa settimana Marco Alloni ci accompagnerà nel mondo della malattia attraverso cinque opere che ne parlano in modi diversi e per molti versi opposti. Si parlerà così dell’autismo nel romanzo “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas, della denutrizione nel romanzo “Il bambino indaco” di Marco Franzoso, dell’Alzheimer nel romanzo-testamento di Tahar Ben Jelloun “Mia madre, la mia bambina”, della depressione come effetto di una perdita radicale dell’avvenire nel ponderoso saggio di Ernst Bloch “Il principio speranza” e infine di quella malattia terminale che porterà il grande poeta cileno Pablo Neruda alla morte nel romanzo di Antonio Skarmeta “Il postino di Neruda”. Ciascuno di questi approcci ci indica che nella malattia è custodita una profonda verità dell’uomo: da una parte il suo coraggio, sempre pronto a sfidare anche la più estrema labilità, dall’altra la sua debolezza connaturale e invincibile, di fronte alla quale non resta che la dignità. Ma ci insegna anche che nessuna malattia è priva di una sua incoercibile capacità di fascinazione e di coinvolgimento filosofico.

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