"Scrivo una frase, e la giro. Scrivo un’altra frase, e la giro. Poi le rileggo e le giro tutte e due. Vado a pranzo, torno, guardo le frasi, le cancello e ricomincio”: così Philip Roth, in "Lo scrittore fantasma", raccontava il sudore del proprio lavoro. E la solitudine: "Mi sento come se avessi passato la vita sul fondo di una piscina vuota" (lo disse quando annunciò che avrebbe smesso di scrivere).
Impegno e fatica che gli hanno fatto scrivere romanzi magnifici, come "Il lamento di Portnoy”, "Pastorale americana”, "Il teatro di Sabbath”. I primi otto, da "Goodbye Columbus” che gli diede la celebrità, sono nel primo di tre Meridiani che Mondadori ha in cantiere. Lo ha curato Eléna Mortara, che insegna letteratura americana all’università di Roma Tor Vergata. Parleremo con lei dello scrittore morto qualche mese fa, punto di contatto tra gli scrittori americani “visipallidi” e gli scrittori americani “pellerossa”.
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