“Non mi hai neppure dato un nome”, si sente rimproverare lo scienziato Victor Frankenstein dalla sua creatura. L’aveva fabbricata con pezzi di cadavere, nel tentativo di sconfiggere la morte e di imitare il potere divino. Anni dopo, la creatura ha imparato a parlare, ha studiato, ha capito che senza nome non può avere un posto nel mondo. Vorrebbe amore, ma la sua bruttezza fa paura e genera violenza.
Una storia straziante, scritta 200 anni fa - per scommessa, in una notte tempestosa - da una ragazza che si chiamava Mary Shelley. Non l’abbiamo celebrata come merita: quali altre scrittrici possono vantarsi di aver creato personaggi così affascinanti, che facevano paura nell’800 delle macchine a vapore e fanno paura oggi, nell’età della clonazione? Ne parliamo con l’anglista Nadia Fusini: sua la prefazione a “Frankenstein 1818”, uscito da Neri Pozza.
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