Ci viene spontaneo associare ciò che è bello e giusto e naturale alla "perfezione". Anche grazie a una certa idea di evoluzionismo: una visione della Natura "perfetta" in cui vige la supremazia del più adatto, che “gronda sangue dai denti e dagli artigli”, e che da questo dolore e conflitto genera valore e miglioramento progressivo. Insomma un percorso, faticoso, verso la perfezione.
Ma le cose non stanno così: in Natura domina l’imperfezione, perché solo dove c’è imperfezione ci sono cambiamento, creatività, innovazione. In Natura il criterio dominante è proprio la trasformazione dell’esistente: dal panda – un orso carnivoro che per contingenze ambientali si ritrova a nutrirsi di soli bambù, e gli cresce un pollice in più per agevolare la presa del cibo – ai sistemi biologici più importanti e creativi, il genoma, e il cervello umano, sistemi ridondanti pieni di elementi apparentemente inutili.
Certo, l’evoluzione è dovuta al fatto che qualcuno si riproduce più di altri, ma i mezzi attraverso i quali ciò avviene possono essere i più diversi: perché si è più competitivi o al contrario più cooperativi; perché si è più solidali o più egoisti.
Dipende dalle circostanze. Quel che conta è fare il miglior uso possibile delle proprie imperfezioni. Un cambiamento di paradigma che si sta affermando tra gli evoluzionisti, ma stenta a farsi strada nella mente dell’uomo. Come ci spiega il filosofo della scienza ed esperto di evoluzione Telmo Pievani, ospite, assieme alla psichiatra Raffaella Ada Colombo nel Giardino di Albert (giovedì 20 ottobre 2016).