La società multietnica, i contrasti sull’immigrazione, l’emergere di tematiche legate all’identità di genere, l’inasprirsi dei femminicidi hanno segnato i primi decenni del nuovo millennio e il mondo della musica non è stato a guardare. Da un lato ha aperto le porte a chi intendeva manifestare il proprio dissenso nei confronti di punti di vista e atteggiamenti considerati oramai inaccettabili; dall’altro ha dato fiato, anche grazie all’azione moltiplicatrice dei social network, a quelle fasce di pubblico (e artisti) che la pensano diversamente. È la canzone a farsi carico di raccontare il proprio tempo e suggerire cambiamenti. Il libro di Felice Liperi, pubblicato da Manifesto Libri, ripercorre un secolo e più di storia canora focalizzandosi su repertori, autori e interpreti che hanno appoggiato se non promosso idee razziste, omofobe e sessiste. La narrazione muove dalla campagna di fine Ottocento nel Corno d’Africa, attraversa il ventennio e la propaganda colonialista, approda al secondo dopoguerra quando gli stereotipi razzisti restano immutati e chiude con un ampio capitolo sulla canzone contemporanea, con rap e trap al centro di polemiche alimentate da haters e fatti di cronaca nera. Un libro a tratti divertente, quando ci fa scoprire canzoni oggi improponibili per via del peso esercitato dalla cancel culture, ma più spesso inquietante, quando ci mette di fronte a testi dove la linea di confine fra “regole del gioco” e violenza è incerta.
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