Megalopolis è il film del quale si è scritto e parlato di più nelle ultime settimane. Ha deluso una parte dei critici e del pubblico, perplessi e insoddisfatti dai risultati dello sforzo titanico di Francis Ford Coppola, produttore, sceneggiatore e regista, che ha investito gran parte del suo patrimonio per realizzare la sua opera più ambiziosa. Ma altri sono stati convinti e pronosticano che col tempo Megalopolis sarà considerato uno dei capolavori della storia del cinema. Chissà. Il concetto di capolavoro, se usato con disinvoltura, non ci riscalda affatto, ma Megalopolis ci ha lasciato con la voglia di rivederlo, cosa che non accade spesso con buona parte della produzione cinematografica recente. La trama del film abbonda di riferimenti all’antica Roma, e in particolare alla decadenza dell’impero, metafora fin troppo facile dell’attuale decadenza degli Stati Uniti e del mondo occidentale. Ma Coppola mescola le carte. Dà ai suoi personaggi i nomi di protagonisti della storia romana (della fine della repubblica, non dell’impero): Catilina, Cicerone, Crasso, Cesare, scombinando i ruoli. Così Catilina è, tutto sommato, un personaggio positivo: inventore geniale, una specie di Steve Jobs o Elon Musk, che vuole trasformare New Rome (in altre parole, una riconoscibile New York del futuro) in Megalopolis, costruita sfruttando un nuovo materiale prodigioso, il Megalon. Noi abbiamo ereditato da Cicerone l’immagine di un Catilina sovversivo, ma è l’immagine tramandata dalla parte vincente, quindi Coppola non fa che rileggere la storia. E cita, in continuazione, a partire da autori latini o da Shakespeare, da Ben Hur e (naturalmente) da Metropolis di Fritz Lang, il modello inevitabile. Per la musica Coppola ha deciso di rivolgersi a un compositore defilato, non ai nomi quasi obbligati delle produzioni fantascientifiche e fantasy degli ultimi decenni (da John Williams a Hans Zimmer). Si tratta di Osvaldo Golijov, nato in Argentina nel 1960 da genitori ebrei emigrati dall’Europa dell’Est, poi trasferitosi – dopo i primi studi musicali – in Israele, e poi negli Stati Uniti, dove risiede dagli anni Ottanta. Golijov non lavorava a una colonna sonora dal 2011, scritta proprio per Coppola (Twixt, l’ultimo film prima di Megalopolis). In realtà, tranne la prima (scritta per Sally Potter), tutte le poche colonne sonore firmate da Golijov sono state commissionate da Coppola, che evidentemente ripone grande fiducia nel compositore argentino. E si capisce perché: Golijov, pur essendo un musicista attivo soprattutto nel campo della musica sinfonica e da camera (e con grande qualità), non ha paura di fare il compositore per il cinema “classico”, cioè eclettico, totalmente disponibile a citare gli stilemi più diversi, se la sceneggiatura e le immagini (e il regista) glielo impongono. Anche i critici di Megalopolis più scettici hanno ammesso che la musica funziona, che è una delle componenti più riuscite del film. Perfino quando (o proprio perché) suona come la musica di Ben Hur…
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