Il documentario diretto da Spike Lee sullo spettacolo di David Byrne, "American Utopia" (con la coreografia di Annie-B Parson), non è nuovo, ma merita più che una segnalazione, visto che la tournée, l’uscita dell’album registrato dal vivo e infine la pubblicazione del Blu-ray sono avvenute proprio a cavallo delle chiusure per la pandemia. Il film è circolato su qualche piattaforma in streaming e ha raccolto diversi premi di prestigio, ma non è difficile immaginare che in altre condizioni il successo sarebbe stato molto più vasto. Spettacolo e film costituiscono, infatti, una sorta di celebrazione della potenza della musica dal vivo, quella che la pandemia ha steso al tappeto e che ancora fatica a rialzarsi. Dodici musicisti sul palco (uno di loro è David Byrne), in un organico ricco di percussioni e con una tipica sezione rock: due chitarre, basso, tastiere. Tutti cantano. Tutti sono collegati con l’amplificazione attraverso radiomicrofoni e radiopickup; gli strumenti (comprese le tastiere e tutte le percussioni) sono portati a tracolla, permettendo ai musicisti di eseguire le coreografie complesse di Annie-B Parson. Il repertorio è formato dai brani dell’album American Utopia che Byrne stava lanciando nel 2019, più un buon numero (molto gradito dal pubblico) dei successi dei Talking Heads; il suono è preciso e coinvolgente, non fa mai rimpiangere quello dei concerti “storici” di Byrne o dei Talking Heads: non si ha mai la sensazione che la scelta degli strumenti, il modo con cui sono portati, i movimenti dei musicisti costituiscano una limitazione o impongano un compromesso. In questo senso, lo spettacolo costituisce anche una critica radicale alla mancanza di fantasia e di intenzioni innovative sulla scena della popular music contemporanea, e forse non solo di quella.
Fra gli interpreti, oltre a Byrne (impeccabile nella voce e alla chitarra in un’ora e quaranta minuti di concerto senza pause), è da segnalare la presenza formidabile di Angie Swan, chitarrista africano-americana, impegnata su parti che nelle versioni originali delle canzoni erano affidate a colleghi come Robert Fripp o Adrian Belew. Ci sarebbe molto da dire anche sull’attualità politica del repertorio e sulle presentazioni di Byrne, e sull’entusiasmo del pubblico dello Hudson Theatre, a New York, che ci mostrano una parte degli Stati Uniti che forse pensavamo scomparsa. Uno spettacolo per rincuorarsi, e da studiare.
Scopri la serie
https://www.rsi.ch/s/703722