La Recensione

Royal Opera House Muscat

“Ponte” tra le culture musicali di tutto il mondo

Royal Opera House Muscat
Di: Luisa Sclocchis 

Pensare all’Oman è pensare a paesaggi desertici ma anche incantevoli, acque cristalline, spiagge, palme da dattero. Pensare a Muscat, sua capitale, è certamente pensare alla suggestiva Grande moschea del sultano Qaboos, ma anche al fascino dell’antico quartiere di Mutrah e a souk dai tanti colori e profumi. Atmosfere del mondo arabo che, anche se un po’ impropriamente, riportano a Le mille e una notte. Proprio a Muscat sorge la Royal Opera House voluta dal sultano Qaboos, scomparso nel 2020. Inaugurata nell’ottobre del 2011 con la Turandot di Giacomo Puccini, nella produzione firmata Franco Zeffirelli, e diretta da Placido Domingo con l’orchestra, il coro e il corpo di ballo dell’Arena di Verona. L’ambizioso disegno, rendere la Royal Opera House Muscat “ponte” tra le culture musicali di tutto il mondo, luogo di dialogo e confronto, prosegue con l’appena inaugurata stagione 2024/25. Con una produzione emblematica se si parla di connessioni, incontri, e scambi: il verdiano Un ballo in maschera per la regia di Hugo de Ana in una nuova produzione firmata National Centre of Performing Arts Beijing con Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari diretta da Giampaolo Bisanti (nel cast Elena Stikhina, Piotr Beczala, Liao Chaoyong, Agnieszka Rehlis). Un interessante incontro tra culture che coinvolge Oman, Cina e Italia…ma anche più diffusamente mondo arabo, estremo oriente e vecchio continente. Ed evidenzia il grande, e sempre crescente, interesse dell’Oriente verso la tradizione musicale “colta” occidentale. 

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