È abbastanza frequente incontrare la parola
griot accanto al nome di artisti di origine africana e spesso ciò induce a credere che essa sia un appellativo dato a musicisti, narratori, danzatori provenienti dall’Africa. In realtà griot è il termine europeo con cui i viaggiatori francesi del 17° secolo hanno nominato una precisa figura sociale dell’africa occidentale tradizionale che aveva il compito di trasmettere al popolo le proprie origini e la propria cultura. Essendo quella africana una cultura essenzialmente orale, tutto il sapere di questa società era affidata alla parola, e di essa i griots erano considerati i maestri. Oltre che intellettuali e storici essi svolgevano anche il ruolo di mediatori fungendo da veri e propri motori dell’equilibrio sociale. Per adempiere al meglio a queste importanti funzioni i griots hanno sviluppato nel corso dei secoli una grande abilità musicale, oratoria e gestuale. L’introduzione della scrittura e le trasformazioni socio-economiche avvenute con la colonizzazione hanno mutato radicalmente il tessuto sociale dell’Africa e hanno di conseguenza cambiato anche la funzione del griot. Per comprendere le ripercussioni di questi cambiamenti e capire cosa significa essere griot oggi, Paola Beltrame ha incontrato il regista
Burkinabé Dani Kouyaté. Nato a Bobo-Dioulasso in una famiglia di griots, Dani ha trovato nel cinema lo strumento più consono a dar voce ai propri interrogativi e a trasmettere i valori africani, dimostrando con la sua esperienza che solo assumendo completamente i cambiamenti della propria epoca è possibile continuare ad assumere l’investitura della tradizione.
Cosa significa essere griot oggi?
Laser 04.05.2010, 02:00
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