Da una porta socchiusa, un bambino osserva di nascosto un uomo chinato sulla scrivania. Indossa occhiali grandi e un maglione a girocollo, completamente immerso nel suo lavoro, tracciando segni su un pentagramma: il corpo è lì, nel cuore della stanza, ma la mente e lo spirito sembrano essere altrove, lontano. «Era mio padre, ma tra noi c’era una distanza siderale.» È da questo nucleo di mistero che, decenni dopo, quel bambino, Marco Morricone, figlio primogenito di Ennio, cerca di ricomporre i pezzi dei ricordi insieme a Valerio Cappelli, storico giornalista del Corriere della Sera e amico di una vita del compositore, per darci un ritratto inedito e autentico di uno dei più grandi geni musicali che l’Italia abbia mai conosciuto. Gli studi abbandonati dopo la terza media, le serate trascorse suonando per i soldati americani, l’ossessione per la musica, il legame speciale con il maestro Petrassi, la spiritualità, gli incontri con Sergio Leone, Joan Baez, Clint Eastwood, il successo, gli Oscar, le dolcezze e le difficoltà di padre (la proibizione di ascoltare musica in casa), la passione per la Roma, l’amore per i cioccolatini che la moglie Maria gli nascondeva, l’ostracismo del mondo accademico. Da questi frammenti di memorie e dalla loro messa in prospettiva si compone il libro Ennio Morricone. Il genio, l’uomo, il padre (Sperling & Kupfer, 2024). Marco Morricone e Valerio Cappelli ce lo raccontano al microfono di Alessandro De Rosa.
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