Oggi, la storia

Bullismo e peggio

di Mariateresa Fumagalli

  • 6 maggio 2016, 09:05
Bullismo
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Oggi, la storia
Venerdì 06 maggio 2016 - 07:05

Sotto l’impressione dei terribili fatti raccontati e discussi dalla stampa e dalla TV, oggi rifletto sulle violenze estreme compiute da gruppi di adolescenti. È opinione diffusa che la violenza giovanile sia un fenomeno recente e appartenga alla società del nostro tempo in cui le speranze si sono indebolite le opportunità rarefatte e le paure ingigantite. Io credo che non sia così. Esempi terribili li troviamo anche nel passato e in contesti assai differenti dal nostro.

Lo splendore e il miracolo delle arti e delle lettere della Firenze dei Medici ci abbaglia, ma non può farci dimenticare la scia di violenza che nel Quattrocento insanguinava le strade della città toscana (come di altre in Italia). Pueritia ferocissima così chiamava un antico cronista quelle bande di ragazzi dai sette ai quattordici anni che percorrevano con urla e violenze di ogni tipo le vie della città di Lorenzo il Magnifico, combattevano fra loro, assalivano a sassate i mendicanti e gli ebrei e – indicibile orrore - giocavano a pallone con le teste mozzate dei criminali giustiziati il giorno prima. Gerolamo Savonarola a capo della fazione dei Piagnoni, animato dalle migliori intenzioni decise di togliere i ragazzi dalla strada convertendo la loro aggressività a scopi morali e religiosi e incitandoli a “estirpare le perverse consuetudini del carnevale”.

Le conseguenze furono anche peggiori: i ragazzi si diedero a perseguitare ogni manifestazione di allegria, minacciando i giocatori di carte ai crocicchi, sbarrando la strada a chi era “troppo ben vestito e quindi allegro e scostumato” e molestando le donne eleganti. Infine in un crescendo terribile, quando lo stesso fra’ Gerolamo accusato di eresia fu condannato al rogo, straziarono il suo corpo con una fitta sassaiola ancor prima che le fiamme lo consumassero.

Né i luoghi né i tempi e le circostanze sono in grado –penso - di spiegare la “banalità” di questo male alla cui base c’è, come insegnava la Arendt, il nulla.

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