Oggi, la storia

Cambiare pelle

di Alessandro Stroppa

  • 05.02.2016, 08:05
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Oggi, la storia
Venerdì 05 febbraio 2016 - 07:05

Nel 1516, esattamente mezzo millennio or fu, il grande pensatore e letterato fiorentino Niccolò Machiavelli dedicava il suo trattato De principatibus – meglio noto con il titolo di Il principe – a Lorenzo De’ Medici (nipote del più celebre Lorenzo, detto “il Magnifico”). Nel capitolo XVIII dell’opera Machiavelli affronta il tema delle qualità che un principe è bene che abbia, spiegando che, alla pari dei centauri di mitica memoria, deve essere in grado di ricorrere sia alla sua parte razionale, sia alla sua parte più belluina e istintiva: quest’ultima componente, inoltre, deve partecipare tanto delle qualità tipiche della volpe, quanto di quelle caratteristiche del leone. Così osserva in un celeberrimo passaggio: «Sendo, dunque, uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende dà lacci, la golpe non si defende dà lupi. Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere è lacci, e lione a sbigottire è lupi».

Questa efficacissima metafora, chiarissima nel suo valore paradigmatico, è molto probabilmente il portato delle letture classiche dell’autore, il quale conosceva a fondo il biografo greco Plutarco. Proprio quest’ultimo nel tratteggiare le qualità politiche dello spartano Lisandro, il navarco che nel 405 a.C. trionfò contro Atene nella battaglia di Egospotami decretandone l’annientamento, ricorda che questi era «un individuo senza scrupoli e un ciurmatore, perché coloriva di inganni le sue azioni belliche, esaltava la giustizia solo se ne traeva profitto e in caso contrario riteneva che la sincerità non fosse di per sé migliore della menzogna, ma stabiliva il pregio dell’una e dell’altra secondo l’utilità». Tant’è, continua Plutarco, che una volta alcuni avversari lo ripresero rinfacciandogli che i Greci non potevano condurre la guerra con l’inganno, poiché essi erano considerati discendenti di Eracle, l’eroe che aveva compiuto straordinarie fatiche indossando la pelle del leone di Nemea, un inequivocabile simbolo della virtù; al che Lisandro li avrebbe scherniti dicendo: «ὅπου γὰρ δὲ λεοντῆ μὴ ἐφικνεῖται, προσραπτέον ἐκεῖ τὴν ἀλωπεκῆν» (hópou gár dé leontè mè ephiknèitai, prosraptéon ekèi tèn alopekèn), «Dove non arriva la pelle di leone, bisogna cucirvi sopra quella di volpe!». Fu dunque tramite questo arguto apoftegma, con ogni probabilità, che Machiavelli riattualizzò il suo pensiero politico mutuandolo anche dalla sua vasta cultura storica: un pensiero politico che divenne per antonomasia “machiavellico” specie alla luce delle sue più ardite conclusioni: «Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: è mezzi saranno sempre iudicati onorevoli, e da ciascuno laudati».

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