
Oggi, la storia 24.10.14
Oggi, la storia 24.10.2014, 07:05
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Nella ridda di termini tecnici provenienti dalle telecomunicazioni e dalla tecnologia informatica, spesso introdotti ex abrupto dai mass media con una disinvoltura che disorienta, si sente spesso citare il termine “tablet”.
Come tutti sanno esso designa un comunicatore portatile sprovvisto di tastiera con dimensioni paragonabili a quelle di un foglio di carta e con spessore di qualche millimetro; non è propriamente un computer, ma con questo condivide moltissime funzioni, come quella di navigare in rete e quella di attingere alle più svariate informazioni provenienti dalle cosiddette “app”, le applicazioni: posta elettronica, pagine bianche, ferrovie, compagnie aeree, ma anche quotidiani, libri e mille altri servizi che risulterebbe difficile menzionare in toto. Insomma, è un oggetto simbolo della contemporaneità, il tablet, che tradotto in italiano corrisponderebbe a “tavoletta”, probabilmente non solo per via della sua forma, ma anche per il suo richiamo alle tavolette di legno in uso presso gli antichi greci e latini. I tablet dell’antichità – peraltro già citati nel VI libro dell’Iliade di Omero – erano delle assicelle di forma quadrangolare di varia dimensione (da pochi centimetri fino a 50cm e con uno spessore variabile da 3mm a 1,5 cm) e la loro variante più diffusa erano le tavolette cerate, realizzate con un bordo laterale che serviva a contenere la cera colata, la quale veniva scurita con del nerofumo: una volta rappresa la cera, il testo veniva inciso con uno stiletto metallico o con strumenti ricavati dall’osso e dall’avorio. Designate dai greci col termine “déltoi”, venivano per così dire riciclate scaldando la cera e tirandone a liscio la superficie con una spatola in modo da poter incidere altri appunti: operazione che i Romani notoriamente chiamavano tabula rasa. Sarebbe inutile stigmatizzare la distanza siderale e il processo evolutivo che separano la tabula cerata dal tablet, nonché le incommensurabili potenzialità che quest’ultimo ha rispetto al primo, ma forse un modesto punticino può essere segnato a favore dell’antichità: mentre il tablet, almeno per varie funzioni, è un indubbio inibitore della memoria cerebrale, la quale di fatto viene esternalizzata in una memoria virtuale che registra tutto il sapere di cui abbiamo bisogno (numeri di telefono, appuntamenti, dizionari, orari, ecc.), la tabula, invece, costringeva gli antichi a memorizzare il contenuto della pagina prima che fosse erasa definitivamente.
Insomma, l’uomo antico era costretto ad esercitare maggiormente la memoria, pratica che – detto sommessamente – dovrebbe essere potenziata, e non invece svilita, in tutte le scuole di ordine e grado.