Oggi, la storia
Martedì 1. marzo 2016 - 07:05
Le votazioni del fine settimana, una conoscente in viaggio verso il centro di soccorso ai migranti di Lesbo e i controlli alla frontiera tra la Danimarca e la Svezia – reintrodotti per la prima volta dopo mezzo secolo e a cui sono stata sottoposta qualche giorno fa in occasione di un breve viaggio a Malmö – mi hanno portata a riflettere nuovamente sulla tematica della migrazione. Vorrei, oggi, fare qualche considerazione generale.
Da sempre c’è gente che va e gente che viene. Nessuno è qui da sempre. Questo vale per la Svizzera come per ogni altro paese del mondo. Che si volga lo sguardo sul Neolitico o sull’immigrazione di lavoratori nel XX secolo, da sempre ci sono stati dei flussi migratori frutto di interscambio culturale, politico ed economico. Cambiamenti climatici, guerre, povertà o persecuzioni hanno spinto e continuano a spingere molte persone ad abbandonare il loro luogo d’origine.
Tra le personalità che hanno fortemente contribuito a formare la Svizzera di oggi troviamo Giovanni Calvino o Henri Nestlé, che hanno scelto il nostro paese per gli studi o perché a dava loro asilo. Altri, come Julius Maggi, erano figli di immigranti. Nel loro bagaglio avevano le loro capacità artigianali e artistiche o le loro idee imprenditoriali. Gli Ugonotti fuggiti nel XVI dalla Francia cattolica hanno fondato l’industria orologiaia in Svizzera francese e dato degli impulsi decisivi all’economia svizzera nel settore bancario, nella lavorazione tessile e nella chimica. Numerosi intellettuali e scrittori tedeschi come ad esempio Thomas Mann scelsero l’esilio in Svizzera. Ma ci sono stati anche molti svizzeri che hanno lasciato il nostro paese in tempi di carestia e grande povertà e hanno cercato un futuro migliore in altre parti dell’Europa o in un altro continente. Lo schedario del Dipartimento degli affari esteri risalente agli anni attorno al 1910 documenta questo capitolo di storia svizzera. Nove emigrati su dieci sceglievano in quegli anni l’America settentrionale. È stato il caso anche di mio prozio Carlo Tonella, emigrato in America negli anni ’30 del XX secolo. Per ironia della sorte è tornato una sola volta in Europa - nel 1944 come soldato americano durante lo sbarco in Normandia a cui non ha sopravvissuto. Tra il 1798 e il 1914, mezzo milione di svizzeri hanno lasciato il paese.
Da sempre i flussi migratori sono accompagnati da reazioni, a volte di grande apertura, altre volte di chiusura. Gli italiani hanno costruito nel XIX e XX secolo quasi tutte le nostre strade e gallerie. Poi nel periodo dell’iniziativa Schwarzenbach del 1970 sulla limitazione del numero di lavoratori stranieri in Svizzera c’era chi si sentiva, in quanto svizzero, straniero nel proprio paese e desiderava rimandare indietro la maggior parte degli italiani presenti in Svizzera. L’iniziativa voleva limitare al 10% della popolazione svizzera il numero di lavoratori stranieri ed avrebbe comportato l’espulsione di 300'000 stranieri nell’arco di quattro anni. Dopo un vivace dibattito nell’opinione pubblica e un record di affluenza alle urne, l’iniziativa fu respinta di misura. I flussi migratori odierni mostrano simili comportamenti di apertura e chiusura.
Le conseguenze di questi processi contribuiranno, come già in passato, a formare la Svizzera e l’Europa del futuro.
Dal TG20.00:
Svezia "spaccata" dall'immigrazione
Telegiornale 29.02.2016, 21:00