Oggi, la storia
Giovedì 29 ottobre 2015 - 07:05
Alle 10 di mattina del 29 ottobre 1929, nella Borsa di New York, a Wall Street, il suono del gong annunciò l’apertura degli scambi. La settimana precedente c’era stata una terribile turbolenza finanziaria: il 24 ottobre quasi 13 milioni di azioni avevano cambiato di mano “a prezzi che mandavano in frantumi i sogni e le speranze dei possessori” (John Galbraith). Ma nel pomeriggio la situazione era migliorata: un potente banchiere disse che c’era stata “un po’ di agitazione nelle vendite in borsa”. Oggi noi sappiamo che quell’ottimismo era infondato. Infatti, il 29 ottobre ci fu il più grosso crollo mai avvenuto nella Borsa di New York. Dagli Stati Uniti “il grosso crollo” si estese come un terremoto planetario e travolse gli Stati europei. Ovunque provocò crolli di borsa, immensi fallimenti finanziari, milioni di disoccupati affamati. Molti pensarono che era la fine del mondo capitalista e confidarono nella Russia comunista di Stalin per la salvezza dell’umanità.
Era trascorso un decennio dalla fine della prima guerra mondiale. E dieci anni dopo il crollo della Borsa americana, iniziò la seconda guerra mondiale. Nelle recenti commemorazioni per il centenario della Grande Guerra, è stato da molti ripetuto che la Seconda guerra mondiale fu l’inevitabile conseguenza della prima. Ci sono buoni argomenti per sostenere questa tesi, ma ci sono anche fatti importanti che possono metterla in dubbio. Ricordiamo, per esempio, che nel decennio successivo al Trattato di Versailles, i nemici della Grande Guerra, primi fra tutti Francia e Germania, si erano riconciliati. Persino Mussolini, che esaltava la guerra e educava militarmente le nuove generazioni, invocava la pace. La situazione del continente appariva tanto pacificata, che il 5 settembre 1929 Aristide Briand, presidente del Consiglio e ministro degli Esteri francese, parlando alla Società delle Nazioni, propose una unione federale fra i popoli europei. Dieci anni dopo la Grande Guerra, con l’orrore della carneficina di massa impresso nella memoria, gli europei confidavano nella pace. Oggi sappiamo che la loro fiducia era infondata, ma non lo era nel 1929, quando nessun governante minacciava di scatenare una guerra in Europa. Nelle elezioni politiche del 1928 Adolf Hitler aveva ottenuto meno del 3 per cento dei voti.
È dunque lecito pensare che la prima guerra mondiale non aveva in grembo la seconda o ritenere che il parto mostruoso non fosse inevitabile. Talvolta, la tesi dell’inevitabilità storica traveste l’arroganza dello storico, che si compiace di essere un profeta del passato.