Oggi, la storia
Lunedì 14 settembre 2015 - 07:05
È di qualche giorno fa la notizia che in Colombia è stato identificato da un gruppo di ricercatori dell’istituto Senckenberg il più antico fossile che sia mai esistito. Si tratta di una tartaruga di mare che sarebbe vissuta almeno 120 milioni di anni fa, dunque ben 25 milioni di anni più vecchia del più antico fossile finora conosciuto.
Questa notizia mi ha fatto sorridere e mi ha ricordato uno dei periodi cruciali per lo studio della paleontologia, il XVIII secolo, e un naturalista svizzero, lo zurighese Johann Jakob Scheuchzer (1672-1733). Agli inizi di quel secolo, infatti, tra le varie controversie “scientifiche” che venivano dibattute nei circoli eruditi, v’era anche la discussione riguardo ai fossili e al loro rapporto col diluvio universale. I naturalisti si chiedevano se un avvenimento come quello descritto nella Bibbia potesse essere davvero possibile e cercavano di calcolare quanta acqua ci volesse per coprire la superficie terrestre. Tra gli studiosi si era anche instaurata una sorta di competizione nella ricerca dei resti dell’ultimo uomo morto durante il cataclisma.
Scheuchzer, grande collezionista di minerali e di fossili, e animato da un vivo interesse per la geologia, scoprì in una miniera di Öhningen (in Germania) un fossile che lui interpretò come il resto dello scheletro di un uomo morto durante il diluvio universale. Senza esitare divulgò la notizia dando alle stampe, nel 1726, un foglio volante (con un’illustrazione del fossile) intitolato “Homo diluvii testis”, cioè “l’uomo testimone del diluvio”. Ovviamente, grande fu lo stupore tra gli eruditi europei suoi contemporanei. Era questa la prova che il diluvio raccontato dalla Bibbia era davvero avvenuto? Pochi anni dopo, in un clima culturale che guardava le interpretazioni letterali del testo biblico con sempre più scetticismo, un allievo di Scheuchzer, il botanico Johannes Gessner (1709-1790), mise in dubbio la scoperta del maestro e il famoso naturalista francese Georges Cuvier (1769-1832) riconobbe che non si trattava dello scheletro di un uomo, bensì di una salamandra gigante. Nel 1829 il fossile fu battezzato dal naturalista Friedrich Holl (1790-1870) “Andrias scheuchzeri”, in ricordo proprio della svista di Scheuchzer. L’animale si trova ora esposto al Museo Teylers di Haarlem in Olanda.
In conclusione credo che il ritrovamento del fossile colombiano vecchio di 120 milioni di anni ci porti anche a riflettere sulla lunghezza dei tempi storici, e su come anche gli errori interpretativi possano essere un motore per nuove scoperte scientifiche.