Oggi, la storia

L’idra dalle molte teste

di Alessandro Stroppa

  • 21.11.2014, 08:05
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Antonio del Pollaiolo, Ercole e Idra, 1475, Galleria degli Uffizi, Firenze

  • Wikipedia
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Oggi, la storia 21.11.14

Oggi, la storia 21.11.2014, 07:05

Nel nostro linguaggio verbale non di rado ci appropriamo di espressioni metaforiche che hanno percorso un lunghissimo viaggio nel tempo: espressioni che in realtà sono dei veri “tropi di dislocamento” – o figure retoriche, se si preferisce – che hanno la funzione di rendere più stranianti, più efficaci, determinati concetti. Una di queste è “l’idra dalle molte teste”, un’immagine che ci riporta alla dimensione del mito classico per evocare una realtà o un evento in grado di rigenerarsi prontamente dopo ogni radicale tentativo di eliminarlo. Ad esempio l’idra del vizio, l’idra dell’eresia, l’idra della droga, oppure l’idra della malavita: tutti “mostri” che risorgono, più forti e incalliti, ogni qualvolta tentiamo di decapitarli.

L’immagine, e quindi anche l’espressione, ci proviene da una delle numerose creature mostruose che popolano l’antichità mitica: l’Idra era un immane serpente (hydra o hydris, in greco antico, indica propriamente il serpente d’acqua) generato da Echidna, una figura muliebre col corpo di vipera, e da Tifone, figlio di Gea e di Tartaro, ed era sorella di altri mostri come Cerbero, la Chimera e la Sfinge. Dotata di nove teste (ma nella tradizione successiva si arrivò ad enumerarne cento) e di una formidabile potenza velenifera, si narra che infestasse la palude di Lerna, in Argolide: quando l’eroe Ercole fu incaricato, come seconda fatica espiatoria, di sopprimerla, la stanò con delle frecce infuocate e tentò di decapitarla per mezzo della sua immane clava. Accortosi che le teste rinascevano vigorosissime dai moncherini, non esitò ad accettare l’aiuto del nipote Iolao: infatti, mentre questi cauterizzava, nell’asperrimo combattimento, la radice delle teste mozzate con delle fiaccole impedendone la rinascita, l’eroe riuscì a recidere la testa centrale, l’unica immortale, e seppellirla sotto un gigantesco macigno. Questa scena, ritratta da un sublime dipinto di Antonio del Pollaiolo conservato presso la Galleria degli Uffizi, venne immortalata anche nel nostro linguaggio proprio nell’espressione “idra dalle molte teste”: qualcosa di estremamente difficile da combattere e da sconfiggere, costantemente risorgente e fornito di un potere perniciosamente recidivante.

D’altro canto nel sangue dell’Idra – così si narra – Ercole intinse le sue micidiali frecce per renderle letali: ma quando colpì a morte il centauro Nesso, non poteva sapere che il sangue di quel centauro, dotato di proprietà afrodisiache, si sarebbe corrotto. Né poteva sapere che Deianira, moglie di Eracle, con un peplo intriso di quel sangue avrebbe tentato di sedurlo una seconda volta.

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