
Oggi la storia 17.06.14
Oggi, la storia 17.06.2014, 00:00
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Dal 7 al 14 giugno 1914 l’Italia fu agitata da un terremoto insurrezionale che ebbe per epicentro la città di Ancona nelle Marche ma si propagò nelle principali città del Nord e del Centro, coinvolgendo anche Bari, Napoli e Palermo. Protagonisti furono movimenti dell’estrema sinistra, dai socialisti rivoluzionari agli anarchici, dai repubblicani ai sindacalisti rivoluzionari, che avevano deciso un’agitazione antimilitarista la domenica del 7 giugno di cento anni fa, giorno in cui si celebrava nell’Italia monarchica la Festa dello Statuto. Il governo aveva vietato manifestazioni antimonarchiche. Nel pomeriggio di quel giorno, dopo un comizio antimilitarista tenuto ad Ancona nella sede del partito repubblicano dall’anarchico Errico Malatesta e dal repubblicano Pietro Nenni, la folla si scontrò con la forza pubblica, che aprì il fuoco e uccise tre giovani Seguirono due giorni di sciopero generale. Da Milano, Benito Mussolini, direttore del quotidiano socialista “Avanti!”, incitò il proletariato alla rivoluzione. Poi, quando la Confederazione Generale del Lavoro dichiarò la fine dello sciopero, seguirono nei giorni successivi moti insurrezionali nelle Marche e in Romagna. La folla assaltò municipi e caserme, devastò chiese, occupò negozi e proprietà; presso Ravenna i rivoltosi presero prigioniero un generale e alcuni ufficiali. In alcuni comuni fu proclamata la repubblica. Quando i moti cessarono, il 14 giugno, il bilancio fu di sedici morti e oltre cinquecento feriti fra i dimostranti, e di due morti e qualche centinaio di feriti fra le forze dell’ordine. Il numero delle vittime sarebbe stato più alto, se il governo del conservatore Antonio Salandra, insediato da tre mesi, non avesse adottato una condotta ferma ma prudente nel reprimere i moti più violenti. In realtà, la “settimana rossa”, come fu allora chiamata, si esaurì spontaneamente. C’erano in quei giorni in Italia rivoltosi e rivoluzionari, ma non ci fu rivoluzione. Come riconobbe oltre mezzo secolo dopo Pietro Nenni, la “settimana rossa” era stata “una rivolta popolare che non poteva sboccare in una insurrezione nazionale per il diverso grado di sviluppo della società di allora e soprattutto per la insufficiente forza del movimento operaio e popolare nel suo insieme.” Inoltre, ricordava Nenni, l’avvenimento “fu caratterizzato da episodi di gioioso infantilismo … in cui il popolo si abbandonò all’illusione del potere”. Poco più di un mese la mancata rivoluzione in Italia, esplodeva in Europa la Grande Guerra. E molti antimilitaristi della “settimana rossa”, come lo stesso Nenni e Mussolini, incitarono gli italiani all’intervento proclamando che la guerra era la nuova occasione per una grande rivoluzione.
Emilio Gentile