Oggi, la storia 02.03.15
Oggi, la storia 02.03.2015, 07:05
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Al museo Rietberg di Zurigo è in corso una mostra intitolata “Cosmo, mistero dell’umanità”. L’esposizione, visitabile fino al 31 maggio, è dedicata ai miti di origine del cosmo nelle diverse culture: passando attraverso l’Africa, l’Asia, le Americhe, la Polinesia si passa ai miti dei Germani e alla Bibbia.
Uno spazio è consacrato anche allo stato odierno delle conoscenze scientifiche e alla teoria del big bang, un avvenimento che gli scienziati stimano essere avvenuto circa 13,8 miliardi di anni fa.
L’interesse della mostra risiede senza dubbio nella possibilità di avere per una volta una visione globale dei miti e delle teorie che da sempre accompagnano l’umanità e che cercano di dare una risposta alle domande sull’origine dell’uomo, della Terra e dell’universo.
Ma non c’è solo questo. Chi si è occupato di storia della geologia, della paleontologia, o della biologia sa che un problema fondamentale di tutta la cultura europea, fino almeno alla metà del XIX secolo, è stato proprio quello della cronologia. Mi spiego: la lenta scoperta della “deep history”, cioè della lunga durata della storia della Terra, è in contrasto netto con il racconto della Genesi e con la cronologia biblica. Ancora nel XVII secolo, infatti, eruditi come James Ussher (1581-1656), teologo anglicano e professore di teologia al Trinity college di Dublino, erano convinti di poter calcolare esattamente il momento della creazione narrata dalla Bibbia. Nei suoi Annales Veteris Testamenti, pubblicati a Londra nel 1650, Ussher propone come data di nascita della terra il 23 ottobre dell’anno 4004 avanti Cristo. Rispetto ai 13,8 miliardi della teoria del big bang, una terra giovanissima, potremmo dire.
Il dibattito non riguardava solo la cronologia, ma anche le modalità e la forma del mondo poco dopo la sua creazione. Un altro teologo inglese, Thomas Burnet (1635-1715), pubblicò una trentina d’anni dopo Ussher un vero e proprio bestseller, dove descriveva l’origine della terra e la sua trasformazione durante il diluvio universale. Il libro provocò reazioni a catena, anche perché in esso si sosteneva che il mondo prediluviano fosse completamente diverso da quello postdiluviano. Per il teologo inglese le montagne erano dei relitti accumulati sulla Terra, un paesaggio irregolare che contrastava nettamente colla perfezione del mondo precedente, una sorta di monumentale ricordo della collera divina.
Il libro di Burnet è una bella testimonianza che ci fa capire quanto lungo è stato il percorso di scoperta della “deep history” della terra e quante sorprese ci potrà ancora riservare.