Oggi, la storia
Mercoledì 11 novembre 2015 - 07:05
L’11 novembre del 1918 si concludeva la Prima guerra mondiale. L’armistizio fu firmato alle 5 del mattino e la cessazione delle ostilità fu fissata per le 11, 6 ore dopo, per dare tempo alla notizia di diffondersi in tutti i settori del fronte.
Anche così, in quelle poche ore del mattino, quasi 11.000 soldati furono uccisi o feriti o dispersi, per fare un confronto più che nel primo giorno dello sbarco in Normandia, nella Seconda guerra mondiale.
L’ultimo soldato inglese ucciso fu George Edwin Ellison, un minatore di Leeds di quarant’anni che era sopravvissuto lungo tutta la guerra, solo per morire alle 9 e mezza dell’ultimo giorno, a Mons, nello stesso luogo dove la guerra era iniziata 4 anni prima. 4 anni di sanguinosi combattimenti erano serviti soltanto a riportare la situazione al punto di partenza. Alle 10.45 muore l’ultimo francese, il portaordini Augustin Trébuchon, mentre cerca di informare i commilitoni che una minestra sarebbe stata servita dopo il cessate il fuoco. Da civile Augustin Trébuchon faceva il pastore e forse già s’immaginava di ritorno tra le sue pecore.
Mancavano pochi minuti soltanto alla pace quando morì l’ultimo soldato del Commonwealth, il canadese George Lawrence Price, ucciso da un cecchino mentre inseguiva alcuni tedeschi in ritirata. Anche così, Price non fu l’ultima vittima. Alle 10.59, un minuto soltanto prima della fine, l’americano Henry Gunther cadde in azione, forse nel tentativo di mettersi in luce. Gunther era guardato con sospetto per le sue origini tedesche e da poco era stato retrocesso da sergente a soldato semplice, quando una sua lettera, nella quale criticava le condizioni di vita al fronte, era finita nelle mani del censore.
Da allora, ogni anno, alle 11 dell’11 novembre, in tutti i Paesi di lingua inglese si osservano 2 minuti di silenzio per le vittime della Grande Guerra. Questo anniversario è anche conosciuto come il Poppy Day, il giorno dei papaveri, perché si appunta sul vestito, il più vicino possibile al cuore, un papavero di carta, rosso come il sangue dei soldati morti. Questa tradizione deriva da una poesia del maggiore canadese John McCrae, che comincia così: “Nei campi delle Fiandre sbocciano i papaveri tra le file di croci che segnano il nostro posto (…) Noi siamo i morti”.