Oggi, la storia

Ridere, per riaffermare la vita

di Lina Bertola

  • 28.05.2015, 09:05
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Patch Adams

  • Courtesy Patch Adams

Il 28 maggio 1945 nasceva a Washington Patch Adams, meglio conosciuto come il “dottor sorriso”, per aver teorizzato il valore terapeutico della risata e dell’umorismo. Adams fondò in America, nel 1971, il Gesundheit Institut, una clinica molto particolare e piuttosto alternativa, basata sul concetto di una medicina intesa come ideale d’amore, profondamente attenta alla relazione e al benessere del paziente. La sua proposta terapeutica ha avuto ampia risonanza nel mondo, e non è raro incontrare nelle corsie degli ospedali o delle case per anziani, accanto ai camici bianchi, i cosiddetti medici clown.

La terapia del sorriso del dottor Adams si scrive in una concezione olistica della vita, basata sull’idea di amore universale di cui l’umorismo sarebbe un fondamentale linguaggio capace di produrre effetti benefici sul senso dell’esistenza. Del tema del riso e della comicità si è sempre occupata la filosofia, fin dall’antichità. Oggi vorrei soffermarmi sulle pagine di un saggio di Henri Bergson pubblicato qualche anno prima dell’ apparizione, nel 1907, dell’Evolution créatrice, opera che segnò profondamente la cultura di inizio Novecento e di cui il Saggio sul riso pare anticipare alcuni aspetti.

La prima considerazione di Bergson è che ciò che fa ridere è l’uomo: non gli oggetti, non gli animali, se non in relazione o in analogia a comportamenti umani. Solo l’uomo può essere ridicolo e il riso può essere considerato un linguaggio che osserva la vita e la interpreta, una forma di giudizio sui nostri comportamenti che esprime anche una possibilità di correzione. A differenza dei personaggi tragici, che mostrano la loro individualità, i personaggi comici, analizzati da Bergson, sono sempre degli stereotipi di comportamenti inadeguati verso la vita, verso la libertà autocreatrice della vita.

Il comico, secondo l’analisi di Bergson, è suscitato quando il corpo prende il sopravvento sull’anima e fa pensare a un semplice meccanismo. “Il rigido, il bell’e fatto, - scrive - il meccanismo in opposizione all’agile, a ciò che è perennemente mutevole, al vivente (…) l’automatismo in opposizione all’attività libera, ecco ciò che il riso sottolinea e vorrebbe correggere.”

La comicità appare allora come una specie di punizione verso comportamenti contrari a quello slancio vitale che costituisce il fulcro della sua filosofia. Ridere, insomma, per riaffermare la vita.

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